E va la nave scuola, carica di acciacchi, fucina del futuro di ciascun popolo. Come un mercantile sempre più fatiscente. Nella scuola si forma il nerbo del sistema produttivo di ogni Paese. Sconcerta che la politica, sorda davanti all’emergenza educativa, la tratti da cenerentola sociale. La politica somiglia a una ballerina irresponsabile che balla sul ponte mentre il vecchio mercantile rischia di affondare. Fiammate di indignazione per la scuola e nulla più. Come per la salute, ci si affida alla buona stella del “fai da te” che sostiene tanto privato e tanto pubblico in crisi. Chi non ricorda Lettera a una professoressa siglata da 8 ragazzi della piccola scuola di Barbiana diretta da don Lorenzo Milani? E la sua richiesta ragionata di riforme degne della Repubblica proposte dai ragazzi: sul pieno tempo, sui rapporti con la famiglia, sui diritti sindacali, sui contenuti della docenza. Una denuncia assorbita e dimenticata entro la camicia di forza della burocrazia che va strangolando la scuola. Da servizio alle famiglie e ai ragazzi si è trasformata in una fatica quotidiana in più. Lo Stato pare in condizione confusionale e le speranze di cambiamento efficace, chiaro, condiviso e stabilizzato per questo bene comune si assottigliano di anno in anno.
Le parole di Edoardo
È nel sostanziale rischio mortale della scuola grande malato che si è inserita nel dibattito una nuova lettera aperta. Un grido di Edoardo Graziuso, studente del Liceo Tasso di Roma a un “Egregio Dirigente” anonimo e perciò simbolico rappresentante dei responsabili di ogni scuola italiana. Pubblicata sul numero 18 dell’Espresso, ha trovato sul n°21 del medesimo settimanale una risposta del presidente Associazione Nazionale Presidi, riassunta da un titolo: “Investimenti e non tagli. Così si modernizza la scuola”. Anche vero, ma non si modernizza con efficacia se la scuola non ritrova la propria anima educativa. Lo studente coglie e insegue quest’anima smarrita dai più che sentenziano sulle riforme. La modernità ruota intorno alla capacità di fare educazione con un rapporto rivoluzionato tra professori e alunni. “Alla base del processo di crescita di noi ragazzi – scrive lo studente – c’è il rapporto con i professori: è quindi indispensabile una giusta e felice relazione tra il giovane e l’adulto, che segua i principi di rispetto e parità. È necessario che molti programmi siano ridotti e meglio costruiti. Non sarà una società migliore quella che valuterà le persone sulla base della quantità di nozioni, ma quella che ricercherà e proteggerà individui aventi autonomia intellettuale”.
Le accuse
Sembra scontato o banale, invece è una denuncia piana, ma convinta, che l’illuminismo fondativo dell’Europa moderna indicato da Kant resta un traguardo lontano. Il controllo dei ragazzi più che lo stimolo a renderli capaci di pensiero autonomo e solidale è tuttora il perno intorno a cui ruota una scuola disciplinare anziché umanistica e liberatoria delle energie positive di ogni ragazzo. “È tempo – insiste lo studente – di guardare all’istituzione scolastica come mezzo di formazione per coloro che saranno protagonisti del prossimo futuro, che sia allora lo Stato ad investire nella scuola pubblica, affinché tutti possano avere accesso ad un’istruzione efficiente. La scuola sarà attuale se aiuterà i ragazzi nell’individuazione di un lavoro attraverso delle collaborazioni continue con università, istituzioni e centri lavorativi e culturali idonei, e non sporadiche solo per adeguarsi ad un sistema scuola-lavoro che così strutturato non ha alcun senso”. E poi tuona l’accusa dello studente verso tre direzioni: professori, classe dirigente politica, opinione pubblica. E, sorpresa, anche verso gli stessi studenti. Nessuna indulgenza verso se stessi rende credibile il j’accuse verso alcuni professori, politici, pubblica opinione. “Accuso molti professori di avere come unica preoccupazione il completamento dei programmi e, accuso molti professori di aver perso di vista il fine ultimo del loro mestiere, di aver dimenticato l’enorme potere sociale che tengono tra le mani e di aver permesso il disfacimento dell’istituzione di cui sono i maggiori rappresentanti”. “Accuso la classe dirigente politica di non aver mai mostrato un reale interesse per l’istruzione, ma, ancor più grave, di non aver mai mostrato alcun interesse per noi giovani. Non è continuando a modificare l’Esame di maturità che saranno risolti i problemi che affliggono la scuola… Accuso l’opinione pubblica di non aver più rispetto per la funzione di pubblico ufficiale che i professori ricoprono” svalutandoli. Infine “accuso i politici di fare continua propaganda su noi giovani e sul tema dell’istruzione, spendendo parole vuote, incapaci di presentare un’idea di scuola che sia sociale e attuale. E per ultimi, accuso noi ragazzi per non essere stati in grado di formulare con chiarezza le nostre richieste, di formare un fronte unito”. E perché “è superficiale indicare come responsabili di tutti i problemi quanti ci circondano”, senza aver prima svolto “un’accurata autocritica”.