Il 25% del Pil italiano dipende dall’economia del mare. È questo il dato raccolto in un instant report messo a punto da Nomisma mare, la nuova divisione di Nomisma. “Aggregando e integrando le differenti attività economiche, commerciali, produttive, turistiche ed energetiche correlate al mare – viene spiegato – si supera il 25% del Pil nazionale. Un quarto dell’economia italiana, direttamente o indirettamente, trova proprio nel mare il suo fattore di coesione e il suo habitat naturale”.
Il flusso turistico
Nel solo settore turistico il comparto mare – si rileva – “in testa fra le scelte sia dei turisti stranieri, sia di quelli italiani, rappresenta oltre il 60% del flusso turistico globale che in Italia pesa per il 6% sul Pil nazionale. Il cosiddetto conto satellitare, quello che tiene conto dell’intero indotto turistico, fa balzare il turismo marittimo oltre quota 9%. Per altro sulle isole in Italia vivono oltre 6,6 milioni di cittadini italiani, che ogni anno accolgono 26 milioni di turisti via mare”.
La catena logistica
Il cluster marittimo – quello che comprende le compagnie di navigazione, gli agenti marittimi, gli spedizionieri e i porti – “supera invece il 2% del Pil, ma balza al 9% se si comprende l’intera catena logistica che sui porti fa perno. Ed è proprio dalla logistica che dipende la competitività del sistema economico e produttivo nazionale considerato anche che via mare transitano il 63,7% dell’import italiano e il 50% delle esportazioni”.
Le autostrade le mare
Le autostrade del mare – prosegue Nomisma – trasportano ogni anno 1,5 miliardi di veicoli, alleggerendo i trasporti terrestri con un risparmio di costi esterni (in primis l’inquinamento) pari a 297 milioni l’anno. L’Italia è terza al mondo per acquacoltura con 800 impianti, ma anche hub di una rete di gasdotti, elettrodotti, e cavi per la trasmissione di dati. Nel Paese sono attive oltre 200 associazioni imprenditoriali impegnate nel settore mare, in aggiunta alle organizzazioni ambientaliste, ai sindacati di settore. Però l’Italia ha perso per erosione, negli ultimi 50 anni, 35 milioni di metri quadri di coste, con un danno economico superiore ai 45 miliardi di euro. La pesca italiana, anche per una gestione inadeguata delle acque territoriali, è in un declino costante. L’Europa è seconda solo alla Cina per l’inquinamento marino da plastiche.