L’allarme con il quale media e politica raccontano la siccità di questa calura estiva sicuramente intensa, è un segnale di quanta poca memoria goda sia l’ecologia che l’andamento delle stagioni. Per valutare con puntualità ma senza allarmismi eccessivi basterebbe sfogliare media e lettere dei due secoli più recenti e la storia millenaria del mondo. Si scoprirà che il problema siccità è stato una sfida costante per l’uomo. Per alcuni versi addirittura determinante in alcuni cambi di epoca della vita sul pianeta. Negli ultimi decenni la siccità è diventata in qualche modo perfino compulsiva arma di lotta politica e amministrativa, tramite specialmente la narrazione dei suoi danni contenuta in centinaia di lettere.
Le richieste di aiuto
Le diverse burocrazie nazionali, regionali, comunali scrivono alle autorità superiori per invocare aiuti e interventi così da poter dire agli elettori che la propria parte si è fatta. In verità se le autorità di ogni grado avessero sempre svolto con diligenza la propria parte, l’urgenza ecologica e la siccità con i suoi danni all’agricoltura, ai prodotti alimentari, al paesaggio, farebbero meno paura. Se bastassero le lettere sulla siccità, si potrebbe vivere con meno affanno e più responsabilità individuale e collettiva l’immagine di fiumi quasi prosciugati, laghi con livelli abbassati, ghiacciai corrosi. Il ripetersi di fenomeni climatici dannosi con conseguenze che richiedono anni, mesi, settimane per un ritorno alla normalità dei regimi idrici, resta comunque una spia per un’uscita dall’incuria verso l’ambiente diventata una vera piaga sociale. Se si raccogliessero per tempo i segnali di degrado si eviterebbero successivi disastri. La qualità delle richieste contenute nelle lettere evidenzia alcune carenze tollerabili in passato ma non più ai giorni nostri, quando scienza e informazione sono una vera e propria rete che avvolge il pianeta. Rispetto al 1880 la temperatura media in Italia è aumentata di quasi 2,4°C, il doppio della media mondiale di circa +1,1°C. E il 40% dell’acqua potabile che usiamo viene dispersa prima di arrivare ai rubinetti di casa.
L’allarme degli agricoltori
Eppure, in Italia manca tuttora un piano “di adattamento ai cambiamenti climatici, esponendoci a rischi crescenti. A fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso – scrive il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, in una lettera inviata al premier Mario Draghi – chiediamo che venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati, tenuto conto del grave pregiudizio degli interessi nazionali e l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico. Appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo. Raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno”.
Processo lento e irreversibile
“Deserto e desertificazione sono termini che spesso vengono confusi – precisa Massimo Gargano, dg di Anbi – Secondo una definizione, la desertificazione è un processo lento e in qualche modo irreversibile di riduzione o distruzione del potenziale biologico del suolo, legato a diversi fattori come il clima, le proprietà del suolo e soprattutto le attività umane. In Italia, siccità straordinarie si stanno ripetendo con intervalli di tempo sempre più ravvicinati e le analisi dimostrano come ci vogliano anni per tornare alla normalizzazione dei regimi idrici”. Il Wwf evidenzia che la metà della popolazione mondiale sperimenta già “una grave carenza d’acqua per almeno un mese all’anno. Sempre più persone (circa 700 milioni) soffrono periodi di siccità più lunghi che periodi di siccità più brevi rispetto al 1950, con l’Europa meridionale in prima fila”.
Profughi climatici
L’urgenza climatica è talmente evidente da essere diventata un mantra cui la pubblica opinione non presta più quasi ascolto, restando nell’indifferenza e nell’illusione che siano altri a rimettere le cose in ordine. “Avete mai pensato – osserva rivolgendosi agli amici una persona volenterosa – che qualsiasi cosa accada nella natura, la gente trova solitamente che non vada bene? Piove un po’ più del solito? Di questo passo finirà che ci allaga. Non piove da un mese? Se prosegue così, finirà che secca tutto. Il sole brucia più di quanto lo si vorrebbe? Tutti ansimano, cercano dove andare a ripararsi: in montagna al fresco; in spiaggia in riva al mare, e sempre comunque brontolando… Nella storia dell’umanità, siccità, alluvioni, eruzioni vulcaniche, hanno segnato la fine di imperi e scatenato rivoluzioni. Il più grande dei mutamenti climatici recenti, la fine della glaciazione avvenuta intorno a dodicimila anni fa per le lente variazioni dell’orbita terrestre, ha addirittura fatto nascere la storia del genere umano”. Sarà forse la siccità se non il senso di umanità a farci accettare i “profughi climatici” come uno di noi, sottoposti allo stesso destino dall’inclemenza del clima?