Come si fa a costruire una squadra vincente? Breve nota sintetica per raccontare un evento unico: metti uno sport hotel illuminato dal sole nel verde di Roma, metti una “Champions” (che non ha a vedere con il calcio) e un campione del mondo (di pallavolo) che parla di strategie aziendali usando lo spettacolo come metafora. Aggiungi le dodici migliori filiali d’Italia di Poste Italiane premiate dopo una serrata competizione aziendale, ed ecco il risultato finale: un racconto inedito, irripetibile, e anche divertente. Ed è esattamente quello che è accaduto il 14 e 15 giugno scorso a Roma, all’Hotel Sheraton.
Fuori dagli schemi
La convention per la “Champions Quinto BancoPosta” era anche il punto di arrivo di un particolarissimo contest – una gara – che si è svolto nel mondo di Poste, ma anche una lezione irrituale in cui un grande campione dello sport, Andrea Lucchetta, ha declinato la sua storia come se fosse un corso di management. Quindi bisogna immaginarsi questo caleidoscopio di cose diversissime tra di loro: l’elegante cornice dello Sheraton, le relazioni sulla cessione del quinto, i palloni blu da volley, i video con cartoni animati didattici e poi lui: ovvero il carisma, la dialettica e l’inconfondibile taglio di capelli scalettato a piramide di Lucchetta. Un look che, più che un vezzo, sembra il manifesto programmatico di una vita fuori dagli schemi. Ed ecco poche necessarie parole per inquadrare il personaggio: Lucchetta – 59 anni – è una leggenda dello sport italiano. È uno dei volti più noti della “generazione di fenomeni”, ovvero del gruppo che diede lustro alla nazionale italiana, vincendo in sequenza il campionato europeo del 1989, quello del mondo del 1990 e ben due World League consecutive, dal 1990 al 1992.
L’obiettivo di elevarsi
Invitare Lucchetta nel giorno delle premiazioni è stata forse una delle intuizioni migliori del team che ha organizzato l’incontro di Roma. Perché le donne e gli uomini di Poste hanno potuto scoprire una incredibile abilità di Lucchetta: quando racconta di pallavolo riesce a far capire tutto anche ai più profani, e quando spiega lo sport è come se parlasse di marketing. E dunque spiega lo sport raccontando la storia della generazione dei fenomeni, e trasforma questo vissuto intensissimo in una lezione sulla vita: “Noi non abbiamo vinto una coppa, o un trofeo: noi abbiamo fatto quello che dovete fare voi. Abbiamo percepito il cambiamento”. Lucchetta ama l’eclettismo: parte dalla sua gavetta, spiega che è arrivato alla pallavolo dal tennis: aggiunge che qualsiasi cosa tu faccia, nella vita, “bisogna imparare a incollare piccoli pezzi di puzzle”. Un giorno, racconta Lucchetta, “quando ero solo un giovane raccattapalle della serie A, notai che un noto campione migliorava il suo gesto tecnico con un movimento impercettibile”. Così il giovane raccattapalle (che un giorno sarà anche lui campione) si fa coraggio e va a chiedere al noto campione perché faccia proprio quella mossa, se la sua intuizione vedendolo maneggiare la racchetta sia giusta. La risposta è sgarbata e greve: “Se lo hai notato chiedilo al tuo maestro, e non rompere”. Da questo aneddoto Lucchetta trae la prima lezione del suo discorso: “Perché non condividere? È un post-it che mi è rimasto dentro da allora. Voi dovete imparare a condividere per due motivi: è la cosa più bella, ma anche quella più utile”. Perché questo è il primo segreto delle grandi squadre: “Il secchione doveva aiutare il ragazzo in difficoltà per elevare il livello della classe, ed elevare se stesso”. E questo anche perché il giovane Andrea, da ragazzo, nei ritiri spirituali da salesiano non parlava di religione, ma “dell’importanza per poter dare e ricevere”. Mezzo secolo dopo, il ragazzo è un allenatore con qualche ruga, e tutto diventa insegnamento su come si arriva alla vittoria: “Questi piccoli frammenti di vita per me si sono ricongiunti dentro uno spogliatoio per capire come elevarsi. Come vincere”.
Nel cerchio del campione
Spiega Lucchetta che nello sport, come nel lavoro, come nella vita, spesso “quello che ti porta al successo è il mezzo passo indietro, quando ti chiudi nello spogliatoio, e inizi a ragionare dentro e fuori dalle camere d’albergo”. Sta parlando della pallavolo? Della Champions di Poste? Di come gli individui trovano la loro strada? Di tutte le cose insieme. Il culmine di questa evoluzione strategica, in realtà, è una lezione sull’ultimo colpo che sempre, nella vita, “deriva da un minuzioso lavoro di preparazione”. Il popolo di Poste si appassiona alla lezione di questo campione che andava ai mondiali di pallavolo che con i suoi due metri di altezza. Di nuovo quel piacevole spiazzamento. Sembra che stia parlando di pallavolo e di alzate, di protezione della palla, invece quando spiega come “gestire il cerchio intorno a te”, sta parlando anche di Poste, delle voci che ha sentito nella convention.
L’arte più difficile
L’ultima lezione, la più bella, riguarda il rapporto dei giocatori e/o dei dipendenti – a questo punto la fusione dei piani narrativi è totale – con se stessi e la visione del proprio ruolo in gruppo di lavoro. Racconta Lucchetta: “C’è quello, magari anche bravo, che ha la vocazione a non rischiare, per una attitudine a mantenere delle statistiche positive sul suo lavoro”. C’è quello che si chiede, nell’area piccola: “Esco o non esco? Che nella vita di tutti i giorni, poi, significa: ti prendi il rischio oppure no?”. Ed ecco la filosofia di vita: “C’è un momento in cui capisci che devi allargare il tuo cerchio di rischio, come individuo, perché altrimenti perdi troppi punti come squadra”. Geometria, tattica o strategia aziendale: “La pallavolo è antigravitazionale, ed è una questione di tempi. Anche le nostre scelte, nella vita, spesso sono così”.