Maria Imelda, classe 1936, fu assunta come ricevitrice postale per diritto di successione nel 1961. Aveva 21 anni. Prima di lei, era succeduta sua madre da suo padre, ricevitore postale per 42 anni.
Le nozze salvate
Episodi da raccontare tantissimi, uno in particolare. “Una sera mi stavo recando alla corriera per consegnare il sacco della posta, quando un nobile del paese, tutto affannato, mi supplicò di spedire subito una lettera che se non fosse arrivata l’indomani avrebbe causato un esito fallimentare al matrimonio del figlio – racconta Maria Imelda – D’accordo con l’autista della corriera, disfeci il pacco, affrancai la lettera e il mattino seguente il conte venne a prendersi la posta, ma soprattutto a ringraziarmi e dirmi che la lettera era arrivata alle 10 al figlio”.
Lettere d’amore
Gli innamorati erano la sua soddisfazione più grande, quando i ragazzi partivano per il servizio militare consolava queste povere ragazzine, dicendo: “Scrivete, perché le telefonate ti danno la gioia di sentire la voce, ma non ti rimane nulla. La lettera è testimone per tutta la vita e puoi esprimere tutto il tuo sentimento”. Risultato: ogni giorno una lettera e tante volte un espresso che recapitava con grande gioia, come avessero scritto a lei.
La richiesta dei pantaloni
“Ero molto freddolosa e la divisa per noi donne erano le gonne fino al ginocchio, grigia d’estate e nera d’inverno – ricorda ancora Maria Imelda – Mi recai alla Direzione centrale di Verona e umilmente chiesi se potessi avere i pantaloni. L’ispettore mi rispose che si sarebbe fatto portavoce con la ditta di confezioni. Dopo poco tempo arrivò una circolare che comunicava che anche noi donne avremmo potuto indossare la nuova divisa invernale con i pantaloni. Ora queste cose fanno sorridere i giovani, perché hanno tutto e fanno bene. Ora vedo il grande progresso sia per l’abbigliamento che per i mezzi di trasporto e auguro a Poste, la mia grande e stimata famiglia, di progredire per il bene del Paese”.
Il rapporto con i clienti
Il servizio di Maria Imelda non si limitava a consegnare, faceva i vaglia postali, comperava le medicine, le chiedevano come impiegare al meglio i loro risparmi di contadini. “Io ho sempre consigliato i buoni postali, dato che anch’io quello che risparmiavo lo depositavo in BPT e mi sono sempre trovata bene. Per me lavorare nel mio paesino era come stare in famiglia: non esisteva una cassetta postale, consegnavo sempre in casa. Talvolta dovevo leggere e scrivere le lettere per gli altri”.