I datori di lavoro domestico hanno superato per la prima volta il milione (1.036.533), ovvero 108 ogni 100 lavoratori domestici, nel 2021. Il dato emerge da un’elaborazione su dati Inps dell’Osservatorio Domina, secondo cui il fatto che il numero di datori sia superiore rispetto a quello dei lavoratori, significa che è più frequente il caso di lavoratori occupati presso più datori nell’arco dell’anno. Il numero di datori di lavoro domestico è cresciuto del 4,4% rispetto al 2020 e del 13,3% rispetto al 2019. Questa tendenza è addirittura superiore rispetto a quella registrata dai lavoratori domestici (+1,9% dal 2020 e +12,0% dal 2019). A livello territoriale, oltre un terzo si concentra in Lombardia e nel Lazio (complessivamente il 34,7%). La componente femminile è mediamente del 56%, mentre quella straniera al 7% (2% Ue e 5% non Ue). Nell’ultimo anno, in tutte le regioni italiane si è registrato un aumento del numero di datori di lavoro domestico. L’incremento varia dallo 0,4% di Umbria e Valle d’Aosta al +13,3% della Puglia.
Convivenza tra lavoratori
Ancora più frequente la situazione di convivenza tra lavoratori e datori di lavoro domestico. Si tratta infatti di oltre 242 mila rapporti di lavoro, pari a quasi un quarto del totale (23,4%). In termini assoluti, le regioni con più rapporti di lavoro in convivenza sono Lombardia, Emilia Romagna e Toscana mentre, per quanto riguarda l’incidenza sul totale datori, i valori minimi si registrano in Sicilia (7,1%) e Sardegna (8,1%) e quelli massimi in Friuli Venezia Giulia (48,7%) e Trentino Alto Adige (46,9%).
Fondamentali per il welfare
Secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, “le famiglie datori di lavoro domestico rappresentano un soggetto fondamentale per il mantenimento del sistema di welfare italiano. Il numero di datori di lavoro è in continuo aumento e nel 2021 ha superato per la prima volta la quota di 1 milione. Le ragioni della crescita sono di natura demografica (aumentano gli anziani), sociale (sempre più donne lavorano fuori casa) e, da ultimo, legate agli effetti della pandemia (maggiore bisogno di assistenza ad anziani e fragili). Quelle censite dall’Inps, peraltro, sono meno della metà del totale, che sfiora quindi i 2,5 milioni. Per il ruolo sociale ed economico che ricoprono, le famiglie datori di lavoro chiedono dunque il giusto riconoscimento come attore di welfare”, conclude.