Tiziana Panella è una giornalista, autrice televisiva e conduttrice televisiva italiana. Da anni presenta la trasmissione “Tagadà, tutto quanto fa politica” su La7. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì apre una finestra sul mondo della politica e sulla società che cambia. La cifra che la caratterizza è la chiarezza, la serietà e la competenza.
All’anagrafe ti chiami Emerenziana, un bel nome, mai usato?
“Bel nome, ti ringrazio. Un nome complicato da portare, specialmente per una bimba. Ma non si è mai posto il problema perché tecnicamente i miei genitori lo hanno scelto ma non lo hanno mai usato, preferendo Tiziana. Era il nome della nonna materna. Ho il sospetto che i miei genitori mi volessero indurre una confusione fin da piccola… In ogni caso, oggi, da adulta, ho imparato a gestirlo, trovo che abbia una sua sonorità, ma non mi ci sono mai riconosciuta”.
A 18 anni hai iniziato a collaborare con i quotidiani “Il Giornale di Napoli” e “Il Mattino”. La carriera televisiva è iniziata nel 1990 nelle emittenti locali di Caserta. Sapevi dove volevi arrivare?
“Lo sapevo fin da bimba. Alla domanda: cosa vuoi fare? la risposta era: la giornalista televisiva. Credo, banalmente, perché fin da piccola mi piaceva scrivere, quindi il giornalismo era coerente, mi sembrava lo sbocco naturale. Contemporaneamente avevo curiosità e, forse, una dose di esibizionismo, e così mi immaginavo in tv. Mi considero assolutamente fortunata perché faccio ciò che ho sempre sognato. Credo che, se è vero che noi siamo la nostra storia, è altrettanto vero che siamo ciò che sogniamo. Siamo il nostro ardire. Perfino quando non li realizzi i desideri ci caratterizzano”.
Ti piace scrivere: qual è la lettera che hai scritto che più ti è piaciuta?
“La lettera che ho scritto a Papa Francesco. Non è una cosa che ho mai reso pubblica, ma la racconto volentieri a voi di Poste Italiane. C’è stato un momento, nella pandemia, in cui questa sospensione collettiva mi ha turbato profondamente. Perciò, pur non avendo io un rapporto particolarmente di confidenza con il mondo della chiesa, ho sentito il bisogno di confrontarmi. E così ho scritto questa lettera al Papa e lui, molto carinamente, mi ha risposto”.
E la lettera ricevuta che più ti ha toccato il cuore?
“Una lettera d’amore dici? Non è una lettera d’amore ma un biglietto d’amore. Banale se vuoi. Ma io credo nei piccoli gesti, quindi apprezzato. L’ho trovato sul letto dell’uomo che mi aspettava e che ha scritto: ben arrivata, ti amo”.
Il covid. All’inizio del 2021 lo hai avuto e hai scelto di condividere la tua esperienza con i telespettatori, come mai?
“Mi interessava dire che non è un’influenza. Che il virus balla con le nostre debolezze. E poi che sei solo e ti devi occupare di te stesso. Io ho una certa dimestichezza con le malattie con le quali convivo e, se non sembrasse assurdo, direi anche che con loro ho una sorta di affezione. Ciò nonostante, o forse per quello, con il covid ho subito molto la frustrazione della solitudine. Sapere che dall’altra parte c’erano le persone che ami, per me mia figlia, e non poterla toccare. In tanti anni, anche di esperienze faticose dal punto di vista fisico, questa impossibilità non l’avevo mai sperimentata. Questa condizione mi faceva pensare al fatto che noi viviamo una vita privilegiata. Io di sicuro: faccio il lavoro che amo, vivo in una casa con giardino, un grande privilegio. Ma ho pensato a quelli che vivono in una casa di 50 metri quadri con quattro persone e un bagno, con il terrore di attaccare la malattia agli altri. Ho voluto condividere quella dimensione di solitudine, quella specifica sensazione che non mi era mai capitato di provare in modo così forte. Mi sembrava importante dire che se hai delle fragilità con il covid diventano una sorta di amplificatore e percepisci, in solitudine, la battaglia che stai combattendo. Siamo veramente tutti fragili, e anche chi pensa di stare bene si deve preoccupare di chi tanto bene non sta”.
A 18 anni hai vinto il premio letterario indetto dall’Espresso e questa estate ti hanno conferito il Premio Matilde Serao: sei una vincitrice di premi?
“No, no, no. Non sono una vincitrice di premi. Mi emoziono moltissimo quando mi viene dato un riconoscimento, anche quando i colleghi che lavorano con me mi fanno un complimento, provo sempre un sentimento di emozione, di stupore, penso “vabbè si sono sbagliati pure stavolta”. Mia figlia mi prende in giro quando qualcuno mi chiede una foto, dice che faccio uno sguardo “assurdo”. È vero, infatti penso: perché vogliono una mia foto? Il Premio Matilde Serao è particolarmente apprezzato, perché è arrivato in un momento di rinascita della mia vita. Rinascita che auguro a tutto il Paese. Vivo un momento in cui il senso che più mi accompagna è di gratitudine. Sono grata alla vita per avermi fatto realizzare il mio sogno. Sono grata alla vita per aver avuto mia figlia. Sono grata per quello che oggi sono. E sono grata anche a chi ha pensato a me e mi ha voluto premiare”.