Venite allora con noi a ricordare, in una grande festa laica, la telegrafista Matilde (e tutto quello che – come vedremo – rappresenta oggi). Venite allora a Roma, in una sera d’autunno, a festeggiare la prima postina scrittrice d’Italia, in una atmosfera sospesa, a metà fra passato e presente. Venite a piazza San Silvestro a ripercorrere la biografia della prima fondatrice e direttrice di un quotidiano nella storia d’Italia. Venite per un giorno a celebrare una donna unica, con una targa di plexiglas giallo-Poste così lucida, che pare un lingotto: venite ad ascoltare l’incredibile storia di Matilde, perché, nella grande festa organizzata da Poste, Matilde Serao è tornata, e ha vinto ancora una volta la sua battaglia con la storia.
Storia di altri tempi
A ricordare la giornalista, scrittrice e direttrice che iniziò la sua incredibile ascesa dal tavolo di lavoro di un telegrafo, in un convegno organizzato a Roma, Poste ha chiamato (e premiato con quella luccicante targa gialla), tutte le giornaliste italiane che nel corso di venti anni hanno vinto il prestigioso premio a lei dedicato dalla fondazione che porta il suo nome (e che viene assegnato ogni anno). Il premio viene organizzato dal Comune di Carinola, perché in questo complessa storia di patrie perdute e ritrovate, quello è il luogo dove la scrittrice si trasferì, studiò e crebbe, al suo ritorno in Italia, dopo essere nata – da esule – in Grecia. Già l’anagrafe, a ben vedere, dice molto di una donna e della sua famiglia. Il padre fugge nell’Ottocento a Patrasso per sfuggire ai tribunali del Regno delle due Sicilia, un liberale costretto ad espatriare da un mandato di cattura della polizia borbonica. Quando la Serao ritorna a Napoli la sua famiglia – un tempo benestante – è in miseria. Per ricominciare da capo la ragazza riesce a farsi assumere come telegrafista: una delle prime donne in Italia, anche in questo caso, perché le Poste – che all’epoca sono ancora le Poste del Regno – sono la prima azienda statale dell’Italia unitaria a consentire il lavoro femminile. Nel 1874, infatti, una giovane appena diplomata (fatto già questo non scontato, in un paese di analfabeti), inizia la sua folgorante carriera dettando e trasmettendo telegrammi. La prima palestra di una futura raccontatrice, che esordisce addestrandosi alla scrittura trasmettendo e ricevendo le parole di altri.
Una “Nazionale” di giornaliste
Ecco perché, per celebrare una donna dalla vita incredibile, Poste ha invitato un incredibile parterre de rois di donne. Basta il colpo d’occhio nella affollata sala di Piazza San Silvestro per capire il livello del convegno, che mette insieme quella che sembra una vera e propria “nazionale” del giornalismo italiano: ecco, ad esempio, Lucia Annunziata (“La Serao era il mio mito: da bambina dicevo che da grande avrei voluto fare una di queste sue cose: il sindaco di Napoli o Matilde Serao”). Ed ecco Bianca Berlinguer (“Se noi oggi siamo qui è anche perché prima di noi ci sono state donne come lei”). In video c’è Giovanna Botteri (collegata da Parigi, dove è corrispondente Rai), poi Rosaria Capacchione, scrittrice e giornalista anticamorra (ed ex parlamentare). Sullo schermo saluta Adriana Cerretelli (collegata da Bruxelles dove anche lei lavora), in sala Titta Fiore (scrittrice e giornalista de Il Mattino) e poi Lucia Goracci (corrispondente della Rai dagli Stati Uniti), Carmen Lasorella. Spiega la Botteri: “Confesso: non sapevo che la Serao avesse iniziato come postina telegrafista. Non lo sapevo ma non mi sono stupita perché poi, in tutta la sua vita successiva si è dedicata – osserva la giornalista Rai – a trasmettere un sentimento ad altri”. Rivela la Cerretelli: “Sono particolarmente emozionata. Perché qui ricordiamo una donna poliedrica e coraggiosa, capace di precorrere i tempi”. Vero. Ed ecco in sala anche i due volti di La7, Myrta Merlino e Tiziana Panella, che arriva direttamente dagli studi, appena finito il suo programma (a Matilde sarebbe piaciuto di sicuro). E poi ci sono le grandi firme dei quotidiani: ecco la direttrice di QN, Agnese Pini (“Il suo fu un giornalismo colto, ma popolare, capace di dare voce al mezzogiorno d’Italia”). In seconda fila c’è la vicedirettrice del Corriere della Sera, Fiorenza Sarzanini, e al suo fianco altre tre firme di rango come Donatella Trotta (che della Serao, dopo una prima inchiesta, pezzo dopo pezzo è diventata addirittura biografa). Ed ecco Sara Varetto (ex direttrice del Tg e volto di Sky). C’è anche Daniela Vergara, colonna dell’informazione della Rai. Spiega Lucia Goracci: “Avremmo bisogno della sua intelligenza, oggi, per vincere la sfida con la velocità del racconto social, che però non è un racconto giornalistico”. Vero, verissimo.
“La passione non ci abbandona”
Ed ecco il commovente audiomessaggio, di Natalia Aspesi (la decana delle giornaliste italiane, fondatrice di La Repubblica). Natalia, con tutta l’ironia anti-retorica di cui è capace, ha scelto la forma epistolare per rivolgersi alla fondatrice de Il Mattino. E, spiazzando tutti, esordisce confessando di invidiarle alla scrittrice soprattutto due cose: i suoi innumerevoli lettori e la sua libertà. Venite allora a piazza San Silvestro mentre la sala si commuove e ride per questa lettera agrodolce indirizzata da una giornalista novantenne, ad una collega scomparsa novant’anni fa che non ha mai conosciuto ma a cui si rivolge come una vecchia amica: “Gentile signora Serao, non oso chiamarla collega data la sua magnifica carriera di giornalista, diventata la prima donna italiana ad aver fondato nel 1885 e diretto, assieme a suo marito Edoardo Scarfoglio, un quotidiano, il Corriere di Roma, e poi il Corriere di Napoli e infine il Mattino. La immagino imbronciata – scrive la Aspesi – perché, per quanto Lei si sia occupata anche di moda, cucina e mondanità, scriveva soprattutto d’altro, come di maestre suicide o, come nel suo libro più famoso “Il ventre di Napoli”, dell’abbandono da parte del governo dei quartieri miserabili della città. Scriveva anche di emancipazione, una forma primitiva di femminismo, quando le legge di sottomissione della donna erano ferree e le altre signore la consideravano un’esaltata”. È la lettera della Aspesi, dunque a innescare un cortocircuito, a tendere quel filo tra passato e presente che anima tutta la serrata: “Leggo i nomi delle colleghe premiate – dice la firma di La Repubblica – e penso che alcune di loro avranno sognato un altro modo di fare giornalismo, ma i tempi cambiano e la libertà non è più quella. C’è la pubblicità, ci sono i padroni, ci sono i personaggi immeritevoli ma indispensabili, ci sono gli influencer – ironizza la Aspesi – che ci stanno sostituendo perché così va oggi il mondo del successo, se al successo ci tieni. Eppure, come per lei, la passione non ci abbandona. Sono certamente la ragazza più vecchia che tutt’ora scrive ancora qualche sua stupidaggine che nessuno legge – conclude la decana delle giornaliste italiane – essendo ora i miei lettori o defunti o passati a Tik Tok”.
Non tutti i premi sono uguali
Serao unisce con la sua vita due importanti primati: fu la prima giornalista professionista donna della storia d’Italia (mai nessuna prima di lei aveva ottenuto il tesserino dell’ordine) e fu anche la prima direttrice fondatrice di un quotidiano nazionale (primato che nessuna donna oggi, anche dopo cento anni, ha ancora uguagliato). E fu anche pioniera – come abbiamo visto – da telegrafista, tra le prime donne d’Italia che riuscirono ad ottenere uno stipendio e una assunzione dallo Stato. Osserva Tiziana Panella: “Non smetterò mai di imparare, come sto facendo oggi, da Matilde Serao e dalle mie colleghe di stasera. E in fondo non saprei fare altro che questo – dice la giornalista de La7 – interrogarmi e imparare”. Donatella Trotta spiega come per tanti anni la Serao fosse quasi dimenticata: “Era stata relegata nella cosiddetta damnatio memoriae. La sua era una memoria quasi scomoda, alla sua morte per la sua ostilità al fascismo, e poi per motivi non immediatamente intuibili. Forse perché ha anticipato quello che Ryszard Kapuscinski ha detto di se stesso: “Il cinico non è adatto a questo mestiere”. Matilde era rocciosa, ma non era cinica”. Donatella Vergara scherza con la Berlinguer: “Non tutti i premi sono uguali, questo è un premio davvero speciale. Perché solo noi capiamo il senso di quella impresa da parte di una donna che faceva tutte queste cose e aveva anche quattro figli da crescere. Mi viene in mente una tua frase, Bianca, quando appena diventata direttrice del Tg3 sospiravi: “Io avrei bisogno…” E noi: “Di cosa?”. E tu: “Avrei bisogno di una moglie”“. In sala ridono tutti. Aggiunge Fiorenza Sarzanini: “Lei fu direttrice ed editrice nell’Ottocento. Ma oggi, negli anni Duemila – dice – Il Corriere della Sera è l’unico grande giornale che ha un direttore vicario donna, Barbara Stefanelli. E anche un vicedirettore donna – aggiunge sorridendo – che poi sarei io”.
La Presidente Farina
Ecco perché, ovviamente, parlare di un personaggio così significa affrontare la questione di genere nel mondo contemporaneo. Per questo, dice con orgoglio nel suo intervento la presidente di Poste Maria Bianca Farina: “La nostra azienda di oggi costituisce un modello per la parità di genere. Lo è – aggiunge – perché qui è sostanziale la conciliazione dei tempi professionali con i tempi della famiglia. È importante per una donna, il nostro è un impegno che viene da lontano e che continueremo a portare avanti”. Farina elenca i numeri sorprendenti della presenza delle donne in Poste: “Il 53 per cento di tutto il personale ma, cosa più importante, tra quadri e manager, il 46 per cento è donna. Negli uffici postali i arriviamo al 59 per cento. Tra i consulenti finanziari, il 65 per cento è donna: è un’esperienza di vita in Poste – conclude la Farina – dove anche a livello manageriale c’è un buon numero di donne”.
“Rosa” per eccellenza
E lo stesso orgoglio aziendale si può percepire anche nelle parole di Giuseppe Lasco, Condirettore Generale dell’Azienda, che ha creduto fortemente in questo riconoscimento, in questa serata rievocativa. “Poste – spiega – è stata la prima azienda in Italia ad aprire le porte all’occupazione femminile, tanto da diventare con gli anni l’azienda “rosa” per eccellenza. Più del 50% dei dipendenti è donna e moltissime di loro occupano posizioni apicali o manageriali. Il Premio Speciale e la sala intitolata a Matilde Serao sono il nostro omaggio a una donna intraprendente ed emancipata, coraggiosa nel suo lavoro giornalistico e sempre in prima fila nella affermazione dei diritti”. Venite allora in questa serata d’inverno, a Roma, nel più antico ufficio della Capitale. Venite con noi a festeggiare la passione per la libertà, in nome della telegrafista più testarda e indomabile della storia d’Italia. La foto di gruppo con la targa in mano, a Piazza San Silvestro, è la foto di una squadra di giornaliste italiane che tutti vorrebbero. Una squadra che sicuramente a Matilde sarebbe piaciuto dirigere.