Una vita come questa non l’aveva immaginata, Giorgia Rosati. Dopo gli anni di matematica al “Da Vinci” di Treviso aveva trovato il suo posto in banca e a un certo punto aveva creduto che sarebbe stato per sempre: un ufficio e numeri da consolidare piantata davanti allo schermo di un computer tutti i giorni, tra grafici e proiezioni statistiche. Gli anni, quando sei concentrata a contare altro, corrono via senza che te ne accorgi nemmeno. Quattordici, uno dietro l’altro.
Poi è arrivata Poste
Nel mezzo di un agosto caldissimo, un anno e mezzo fa: c’era un sole giallo dentro un cielo blu che metteva allegria coi colori aziendali. Le hanno proposto una parola da aggiungere a “Specialista Consulente” e si è incuriosita. “Mobile”, hanno detto, e le è piaciuto; ha capito che quelle sei lettere l’avrebbero spostata, in modi diversi, non solo fisicamente.
“Va bene”, ha risposto. “Sono pronta”.
Oggi Giorgia si alza ogni mattina per affrontare una giornata che non sarà mai uguale alla precedente. Non ha più un ufficio solo ma ne ha una decina, o poco meno, sparsi in altrettanti comuni veneti, fra le campagne del Trevigiano. Posti in cui la gente, per decidere a chi affidare le proprie speranze, ha tre alternative: una banca, un ufficio postale o una chiesa. Salta in macchina e va, fermandosi in paesini che hanno nomi particolari come Godega di Sant’Urbano o Lancenigo e stranezze proprie, come a Mogliano Veneto, che ha il prefisso di Venezia e il CAP di Treviso e sta a metà fra questi due mondi come chi lo abita, veneziani in terraferma. Percorre ottanta, centoventi chilometri al giorno tra un ufficio e l’altro. E lavora pure con le mani ferme sul volante: una telefonata ogni tanto, per controllare se una pratica procede, se un cliente ha qualche necessità.
La cura per i clienti
“Pensi che riusciremo a erogare in tempi brevi?” domanda alla collega all’altro capo del telefono. Le sta a cuore la situazione di questa coppia di giovani che, un paio di giorni fa, si sono presentati proprio nell’ufficio di Godega ma – le hanno confidato – l’avrebbero raggiunta in qualsiasi altro ufficio del territorio, pur di avere un confronto con lei. Cercavano un prestito importante in tutti i sensi, necessario per ristrutturare casa, che la banca non avrebbe concesso loro perché già esposti col mutuo. “Tienimi aggiornata per favore…” dice alla collega. Poi è già nel prossimo ufficio, a Barbisano. Un ufficio piccolo ma molto bello, dove si sente sempre un po’ a casa, dove ormai la conoscono bene. Eppure, anche in centri così piccoli, qualcuno di nuovo arriva sempre. E spesso sono gli irriducibili, lei li chiama così, quelli del “No se sa mai”: per convincerli a spostare i loro risparmi dal conto corrente a un fondo obbligazionario, fa partire la musica di Quark sul cellulare, sorride con leggerezza e regala loro una lezione di finanza. Alla fine capiscono.
La metafora della barca
E quella è la parte migliore: quando un perfetto sconosciuto, che osserva per la prima volta attraverso le lenti dei suoi occhiali rotondi, si apre, le si affida. Sa che comincerà così, con una piccola scelta, e che poi tornerà e le chiederà di vedersi ancora, che a un certo punto capiterà lì in preda all’ansia per qualche notizia di telegiornale e che lei, per tranquillizzarlo, dovrà sfoderare la metafora della barca: “Se il mare è mosso una barca non naviga tranquilla: balla insieme alle onde, ma questo non vuol dire che affonderà. L’importante è avere sempre una rotta da seguire”. Ogni volta che un cliente nuovo le affida un investimento, lei manda un piccolo pensiero alla bisnonna, che smise di lavorare presto e ogni mese andava in Poste a ritirare la pensione. Aveva già fatto tutti i suoi calcoli, sapeva quanto denaro le sarebbe servito per il mese intero. E così il resto lo investiva tutto in buoni fruttiferi postali. Quando se n’è andata, le ha lasciato questo piccolo tesoro infilato nelle damigiane della cantina.
Sensibilizzatrice di clienti
Perciò, vedendo un signore avanti con gli anni affacciarsi all’ufficio di Barbisano, lei lo capisce al volo che è uno di quelli, un irriducibile, ma intuisce pure che possiede una sensibilità: stringe in mano un libricino di poesie. E per lei, “sensibilizzatrice di clienti”, è un invito a nozze. Sul libro c’è il nome di Andrea Zanzotto, il poeta che cento anni fa nasceva a pochi chilometri da questa frazione, a Pieve di Soligo. Il signore si siede davanti a lei e apre il libro. “Devo lasciare un biglietto a mio nipote: la richiesta di perdono per non avergli lasciato un mondo migliore di quello che è” sussurra. E Giorgia Rosati, che da un anno e mezzo si sposta fra i paesini veneti per far muovere, fruttare i soldi tenuti nelle casseforti e sotto i materassi, ci mette un istante a leggere fra le righe: a capire che dietro quella poesia c’è una mano tesa, l’idea che i risparmi di una vita possano servire alla vita di altri e che, affidati alla persona giusta, possano cambiare le cose, persino migliorare un po’ questo mondo che va alla rovescia. Se non per noialtri, per chi ha ancora tempo di vedere come andrà a finire. Si toglie persino gli occhiali. E niente musica stavolta. “Va bene, ma deve dirmi la verità. Posso aiutarla solo se saremo sinceri l’uno con l’altra”. Quando comincia così, poi va sempre a finire bene. L’uomo annuisce. Dietro l’ufficio postale di Barbisano si sente scorrere il Lierza, che taglia a metà il paese e confluisce nel Soligo, attraversando le Crode del Pedrè, luogo letterario della poesia zanzottiana. Il telefono di Giorgia rompe l’incantesimo. “Mi scusi un momento” dice al signore. Dall’altra parte arriva la notizia che aspettava: la coppia che chiedeva il prestito per la casa da ristrutturare l’ha ottenuto. In soli due giorni. Quando Giorgia mette giù guarda negli occhi l’uomo davanti a lei. “Io penso proprio che ce la faremo…” dice sorridendo.
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