Gli italiani sperano di poter tornare a sperare, in questo 2023 che si è appena aperto e che, secondo Alessandro Giuli, giornalista recentemente nominato presidente della Fondazione Maxxi, potrebbe segnare finalmente una svolta economica e sociale per il nostro Paese, anche grazie al contributo dei fondi del PNRR. Le grandi aziende saranno fondamentali in questa fase ne sostenere le istituzioni, nel trasmettere la solidità della nostra economia ai mercati internazionali, nella promozione della formazione, delle competenze, del digitale così come della ricerca e della cultura.
Giuli, ci aiuti a tracciare un bilancio del 2022 per l’Italia e a introdurre le sfide più importanti del 2023 per il nostro Paese.
“Il 2022 per l’Italia è stato complesso: un anno di transizione in un’economia di guerra imprevista e di mutamento nello scenario politico per via delle elezioni anticipate. In generale, anche alla luce degli indicatori economici relativi all’ultima trimestrale e alle proiezioni per l’inizio dell’anno prossimo, mi sembra di poter dire che il Paese ha saputo dare una risposta positiva: il sistema ha tenuto anche grazie alla performance del settore terziario, oltre che all’export, e almeno al momento non ci sono segnali di tensioni sociali preoccupanti. Veniamo così al 2023: l’anno in cui si vedrà se il nuovo governo sarà in grado di gestire il PNRR in forma “autonoma” rispetto all’esecutivo di Mario Draghi, concertandone l’aggiornamento con Bruxelles; l’anno in cui dovrebbe essere riformato il modello delle politiche attive e affrontato il dossier fiscale. Se il conflitto russo-ucraino troverà finalmente pace o almeno una tregua credibile, e se il Covid rimarrà allo stato endemico e non più pandemico, il 2023 potrebbe rivelarsi l’anno in cui l’Italia getterà le basi per uscire dalla stagflazione”.
Nell’Italia del 2023 che ruolo e che responsabilità avranno le grandi aziende, in particolare quelle coinvolte in settori come la logistica e l’energia?
“Le grandi aziende conserveranno il loro ruolo strategico di asset nazionali nel garantire livelli adeguati di crescita, nel gestire il risparmio privato e nel sostenere l’azione del governo in materia di transizione ecologica e crisi energetica. La solidità italiana sui mercati e la nostra reputazione internazionale si misureranno anche dagli standard di qualità delle nostre eccellenze partecipate dallo Stato. Immagino per loro una centralità crescente anche nel fornire “modelli di riferimento” alla politica nella gestione dei processi amministrativi così come nel rapporto di servizio con la cittadinanza. Da ultimo, ma non per ultimo: le principali grandi aziende destinano ogni anno un budget nella promozione di cultura, ricerca e sponsorizzazione di eventi collegati al turismo; è una linea d’indirizzo “sussidiaria” fondamentale e da incoraggiare fortemente”.
In che modo i principali player dell’economia possono aiutare le istituzioni nel rilancio dell’economia?
“Dipende ovviamente dalle rispettive missioni. In generale si tratta sempre, per quanto banale possa sembrare, di fare bene il proprio lavoro: traguardare gli obiettivi di mercato, snellire l’apparato burocratico, lavorare di concerto con una costellazione di sistema che va dal credito e risparmio allo sviluppo industriale. Inoltre, l’Italia ha ancora bisogno di un’azione corale nella formazione di quadri così come nella selezione di classi dirigenti. In questa direzione i principali player dell’economia svolgono una funzione preziosa”.
Dal suo osservatorio, quello di Libero e dei dibattiti televisivi, ma anche quello del confronto quotidiano con la realtà, quali preoccupazioni e quali speranze raccoglie maggiormente fra le persone?
“I cittadini chiedono la soddisfazione di bisogni primari: prospettive rassicuranti in materia di benessere, una sanità degna di questo nome, uno Stato non pervasivo ma vicino alle persone nell’erogazione dei servizi elementari. In una parola: stabilità. La speranza più diffusa è che si concluda quanto prima un ciclo d’incertezza, di emergenza e di erosione delle sicurezze sociali acquisite nel secolo scorso. In una battuta: l’italiano medio spera di poter tornare a sperare”.
Poste è da sempre la cassaforte degli italiani. In un periodo caratterizzato dall’inflazione e dall’incertezza globale, quanto vale per i risparmiatori questa cassaforte in termini di fiducia e sicurezza?
“Poste è un marchio di qualità secolare che ha saputo rinnovarsi nell’era digitale e al tempo stesso è una delle poche istituzioni analogiche di prossimità che i cittadini percepiscono come sicure. Malgrado il rischio permanente connesso al debito pubblico, il bilancio consolidato italiano è uno dei più solidi ed è quello che ci garantisce nelle sedi internazionali e sui mercati. Gli italiani sono più informati di quanto pensiamo: sanno perfettamente che la loro fiducia è stata finora ben riposta”.
Con i fondi complementari del PNRR, Poste realizzerà 7mila sportelli, negli uffici postali di Comuni con meno di 15mila abitanti, dedicandoli ai servizi della pubblica amministrazione. L’obiettivo è contribuire a snellire la burocrazia e a garantire i servizi nei piccoli centri. Come giudica la transizione digitale nel nostro Paese e quanto è importante accompagnare questa transizione con un supporto fisico come un semplice sportello postale?
“Partiamo dal presupposto autoevidente che l’Italia è abbastanza in ritardo sia sulla transizione digitale sia nella ordinaria manutenzione infrastrutturale, prima ancora che nella nuova progettazione. Il PNRR rappresenta un’occasione straordinaria per ammodernare la pubblica amministrazione in termini materiali e immateriali. In tale cornice, Poste può già vantare una struttura ramificata sul territorio. Ogni ufficio postale viene percepito come una stazione dei Carabinieri: un presidio di assistenza e di sicurezza, oggetto di fiducia ma anche di aspettative. Con l’aumento degli sportelli, accompagnato dalla semplificazione dei servizi grazie ai dispositivi tecnologici e alle nuove competenze acquisite dal personale più giovane, si riuscirà a rafforzare il tessuto connettivo nazionale e il rapporto tra i cittadini e Stato. Infine, fatto non trascurabile, si prefigura un’accelerazione positiva nell’alfabetizzazione digitale degli italiani”.