Lettera a un vecchio (dalla parte di un vecchio) è una lettera sulla vecchiaia riscoperta come età dalle molte e avvincenti possibilità. Il testo scritto da Vittorino Andreoli, psichiatra di fama internazionale vivo alla bella età di 83 anni, supera gli schemi comuni sulla vecchiaia liberandola dal pietismo e dai ridicoli giovanilismi e colloca questa età come una metà privilegiata dell’esistenza relazionale dove non tutti pervengono per la gioia di scoprire che la vita in ogni età ha i suoi lati meravigliosi che possono donare gioia e significato piuttosto che malinconia, rimpianto, rassegnazione.
Inattesi orizzonti secondo Andreoli
L’autore ha scritto una lettera lunghissima (139 pagine), non sempre accessibile senza un buon bagaglio culturale, ma fluente e perfino avvincente talvolta. È una lettera non consolatoria, ma impegnativa che stimola a non sprecare neppure un minuto a lamentarsi o a illudersi, ma a scoprire inattesi orizzonti di comprensione di sé e della vita per darle significato e dignità. Leggerla e meditarla aiuta a scalzare pregiudizi e quella sorta di paura che l’età avanzata genera e inquieta come uno spauracchio quasi punitivo e riduttivo della “beata gioventù” irrimediabilmente perduta e rimpianta con il suo venire meno. Procedendo nella lettura pagina dopo pagina si ha la sensazione che la lettera sia un misto di saperi, una enciclopedia sulla condizione anziana, una seduta da uno specialista della speranza non per illudere, ma per vivere responsabilmente e in mille modi operosa un’età comunemente vista e temuta come anticamera depressiva della morte ineluttabile e imminente.
Persone libere e solidali
Ricostruire dalle fondamenta una cultura nuova e pienamente umanistica della vecchiaia, liberata dagli stereotipi residuali di una vita egoistica, consumistica, edonistica sostanzialmente infantile dalla nascita alla morte è l’obiettivo non dichiarato ma conseguente di questa Lettera che andrebbe spedita e letta dall’età scolare delle persone fino all’ultimo stadio. Sarebbero altri i sentieri per governare la vecchiaia, curarla, attivarla. Altre le politiche ispirate non al business sulle fragilità, ma forti e partecipate come esito di un educarsi alla vecchiaia che, in definitiva, rientra in quell’educarsi a vivere come persone libere e solidali per concorrere a edificare società liberate dai mali che gli egoismi comportano.