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Politologo, autore di saggi e pubblicazioni, Pietro Vento dirige dal 2005 l’Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis, che studia le tendenze della società italiana e analizza, per giornali e tv, gli orientamenti dell’opinione pubblica, con uno sguardo attento anche alle nuove generazioni.

Dottor Vento, secondo le vostre rilevazioni, l’80% degli italiani ricorderà il 2022 per la guerra in Ucraina, la corsa dell’inflazione, la crescita dei prezzi dell’energia e del costo della vita. Sembra uno scenario cupo, ma molti indicatori suggeriscono invece l’idea di un’economia in ripresa, di una diffusa volontà di rimboccarsi le maniche e di voltare finalmente pagina. Quale Italia prevarrà?  

“Sono soprattutto due gli auspici degli italiani per il 2023: che si ponga termine al conflitto tra Russia e Ucraina e che frenino inflazione e aumento del costo della vita. Ma, con l’attenuazione dell’emergenza Covid, gli italiani – pur restando prudenti – tornano a guardare con ottimismo e fiducia al futuro. I dati delle analisi Demopolis segnalano, in prospettiva, un recupero di fiducia dei consumatori, una voglia di ripresa, di benessere: in molti, ad esempio, sperano di poter spendere di più nelle dimensioni di vacanza e del tempo libero”.

Quali sono oggi le principali preoccupazioni degli italiani?

“I timori sul perdurare e sulla possibile estensione della guerra in Ucraina restano forti. Ma, guardando alla dimensione personale, con una crescita dell’inflazione senza precedenti negli ultimi 20 anni, per circa un italiano su due, è oggi l’insufficienza del reddito la principale preoccupazione che emerge nel vissuto familiare. Sono poi in molti ad auspicare che il Covid resti sotto controllo e che la sanità, dopo la dura esperienza pandemica, possa essere davvero potenziata anche nelle aree meno attrezzate del Paese”.

Tra le novità più rilevanti da voi registrate c’è la crescita della sensibilità e dell’attenzione per la salvaguardia dell’ambiente. A che cosa siamo disposti a rinunciare?

La sensibilità degli italiani sul cambiamento climatico e sulle questioni ambientali è cresciuta significativamente negli ultimi cinque anni: è un impegno che, per la maggioranza assoluta dei cittadini, dovrebbe essere prioritario e imprescindibile nell’agenda dei Governi. Nella dimensione personale, gli italiani appaiono disposti a puntare su interventi (pensiamo ad esempio a quelli sulla casa) che possano determinare in prospettiva un risparmio energetico. Ma non senza contraddizioni: difficilmente i più rinuncerebbero all’auto o ai climatizzatori d’estate… Si registra comunque una crescente sensibilità sull’ambiente, dovuta in ampia parte anche all’impegno dei giovani e del movimento FridayForFuture che ha riacceso, con forza, l’attenzione sui rischi del surriscaldamento globale del nostro Pianeta”.

Nel corso degli anni, il vostro Osservatorio sulle nuove generazioni ha registrato i cambiamenti più significativi negli umori e nelle convinzioni dei giovani.  Si ha l’impressione che i costi della crisi si siano scaricati soprattutto su di loro. È cosi?

“La percezione di chi ha meno di 30 anni è esattamente questa. Dell’evoluzione del mercato del lavoro i giovani rappresentano un vero e proprio “laboratorio generazionale”, che ha eroso, in molti casi, le sicurezze e i punti di riferimento cui erano abituate le precedenti generazioni. Oggi, tra le cose importanti della vita, i giovani pongono il lavoro che – come si rileva dall’Osservatorio Demopolis – supera il primato, duraturo per decenni, della variabile “famiglia” fra le priorità degli under 30 italiani. L’occupazione è ritenuta imperativo esistenziale, dimensione stessa e non eludibile dell’identità personale”.

Il Pnrr è stato accompagnato da grandi attese, come un’occasione irripetibile per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Sarà così?

“È l’auspicio degli italiani. L’opinione pubblica attende con interesse l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E molti ambiti di intervento del Pnrr sono ampiamente apprezzati: la maggioranza dei cittadini guarda con attenzione all’innovazione e alla trasformazione digitale del Paese; più di 4 su 10 apprezzano le scelte per la transizione ecologica. Decisivi sono ritenuti anche il potenziamento tecnologico dei servizi per la salute sul territorio, i progetti di infrastrutturazione sociale e gli investimenti per la mobilità, a partire dai trasporti locali”.

ll progetto Polis di Poste Italiane vuole favorire la coesione economica, sociale e territoriale del Paese e il superamento del digital divide nei piccoli centri e nelle aree urbane dei comuni con meno di 15mila abitanti. Settemila uffici postali diventeranno in sostanza uno sportello unico dove i cittadini potranno richiedere numerosi servizi. È un esempio di cosa si deve intendere per Sistema Paese. Quanta strada occorre fare perché questo modello si affermi a tutti i livelli, per ridurre le distanze e la frammentazione tra le diverse Italie?

“Si tratta di un obiettivo strategico, fondamentale per il futuro di un Paese nel quale ancora oggi il “social digital divide”, per ragioni di età, di studio, di collocazione geografica, sottrae opportunità e occasioni imprescindibili ad una parte significativa di cittadini. Appare molto importante che a promuovere “Polis” siano le Poste Italiane, che godono da sempre della fiducia delle famiglie e dei risparmiatori del nostro Paese. Il progetto sembra inoltre rispondere ad istanze profonde che l’Istituto Demopolis intercetta da tempo nell’analisi dei territori italiani: la necessaria democratizzazione delle opportunità; il miglioramento di conoscenze e possibilità di accesso dei cittadini a servizi e soluzioni esistenti, ma spesso ignoti o non raggiungibili dai segmenti più vulnerabili della popolazione. La coesione di tutte le Italie passa proprio da questi strumenti”.

(Isabella Liberatori)

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