Pegah si scioglie i lunghi capelli lisci e neri e abbraccia Drusilla. Uno dei momenti più emozionanti della seconda serata del Festival di Sanremo. La chioma liberata della giovane lucana di origini iraniane che si batte per i diritti umani nel Paese dove ha radici. Le parole che evocano sono quelle di ‘Baraye’, l’inno della protesta in Iran firmato da Shervin Hajipour, che ha vinto di recente il Grammy. Le due donne ricordano i diritti calpestati, tra i quali baciarsi, tenersi per mano, esprimere il proprio orientamento sessuale, i profughi afghani senza futuro nel Paese, i prigionieri dissidenti, i bambini che vivono mangiando rifiuti.
Ecco il testo integrale letto dall’attivista Pegah assieme a Drusilla
Per ballare nei vicoli
Per il terrore quando ci si bacia
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per cambiare le menti arrugginite
Per la vergogna della povertà
Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria
Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri
Per questa economia dittatoriale
Per l’aria inquinata
Per Valiasr e i suoi alberi consumati
Per Pirooz e la possibilità della sua estinzione
Per gli innocenti cani illegali
Per le lacrime inarrestabili
Per la scena di ripetere questo momento
Per i volti sorridenti
Per gli studenti e il loro futuro
Per questo paradiso forzato
Per gli studenti d’élite imprigionati
Per i ragazzi afghani
Per tutti questi “per” che non sono ripetibili
Per tutti questi slogan senza senso
Per il crollo di edifici finti
Per la sensazione di pace
Per il sole dopo queste lunghe notti
Per le pillole contro l’ansia e l’insonnia
Per gli uomini, la patria, la prosperità
Per la ragazza che avrebbe voluto essere un ragazzo
Per le donne, la vita, la libertà
Per la libertà
Per la libertà
Per la libertà