Critico sia sul comunismo che verso Mussolini, Franco e il nazismo, Jacques Maritain, morto da 50 anni, protagonista di spicco tra gli intellettuali del Novecento, potrebbe essere ricordato come un filosofo, talvolta spigoloso, che ha pensato, scritto, operato per allargare la coscienza democratica in Europa. Oggi che le democrazie sono in crisi e arrancano nel produrre buon governo perfino nell’Unione Europea, si rivela utile e attuale la fede di Maritain nella democrazia umanistica e la via per affermarla e consolidarla. “Viandante perenne” tra Francia, Italia e Stati Uniti, dal 1882 e il 1973 anno della morte, ha coniugato insieme modernità, democrazia e laicità. Con i suoi scritti di filosofia e teologia politica tradotti ovunque ha anticipato nel crogiuolo incandescente del Novecento le sfide della globalizzazione, con la proposta di una democrazia non puramente formale, radicata invece nella libertà, sensibile alla giustizia.
Un tesoro di 30 mila lettere
Per capire genesi e risvolti delle sue visioni e proposte confluite in una vasta produzione è importantissima la sua corrispondenza (archiviate finora quasi 30 mila lettere) con oltre 100 corrispondenti tra i maggiori filosofi, teologi, scrittori, artisti del secolo scorso. Cattolico a tutto tondo, di lui non si può parlare compiutamente senza considerarlo nella cornice di una donna: sua moglie Raissa Maritain. Lui protestante e socialista, lei ebrea si decisero – ventenni – per il battesimo cui seguì una coerente visione cattolica libera da tinte clericali. “Vado verso la mia benedetta Raïssa – ha scritto Jacques – come l’uccello verso il suo nido, come la rosa verso il sole, come l’anima assetata verso le fonti della vita”. Tanto forte il loro legame che dopo la morte di lei nel 1960, per i restanti anni di vita Maritain si ritirò in una comunità di Piccoli Fratelli di Gesù fondati da Charles De Foucauld. Alcune sue corrispondenze sono durate decenni, come quella iniziata nel 1926 con Giovanni Battista Montini e continuata anche dopo l’elezione di Paolo VI. Maritain ha sempre rivendicato la sua natura di “laico inveterato”, “franco-tiratore”, “Don Chisciotte di san Tommaso”, come lui stesso si definì in una lettera del 1970 ai Piccoli fratelli di De Foucauld.
Una nuova cristianità
Per questo ha rifiutato ogni concezione servile del cristiano nei confronti della gerarchia e in genere di ogni potere. “Io – afferma in una lettera del 1940 al celebre teologo Charles Journet, poi cardinale e protagonista al concilio – sono del paese di Pascal e di Léon Bloy. Occorre essere arditi contro gli abusi che distruggono la Chiesa. Occorre resistere agli uomini che non sono la Chiesa e vorrebbero usarla per le loro passioni”. Con la sua teoria sulla nuova cristianità, Maritain promosse una ricerca attiva tra il laicato cattolico per un rinnovato impegno sociale e politico (famoso il libro Umanesimo integrale), libero da residui di clericalismo e integralismo, animato dal realismo di Tommaso d’Aquino riscoperto come “punto di riferimento necessario del tempo presente”, Maritain contribuì all’esito del concilio Vaticano II. Alla sua conclusione Paolo VI gli consegnò il “Messaggio agli uomini di scienza e di cultura”. All’indomani della sua morte, papa Montini affermò che “la voce di Maritain e la sua figura resteranno nella tradizione del pensiero filosofico e della meditazione cattolica”. Un aspetto centrale del suo pensiero riguarda come superare il conflitto sempre più evidente tra cristianesimo e secolarizzazione.
Scambio di pensieri
A suo parere la modernità è un’eresia del cristianesimo. Maritain più precisamente indica forme specifiche di secolarizzazione di concetti teologici, come in una lettera del 1919 al saggista René Johannet: “Gli esempi di imbastardimento e deviazione delle dottrine tradizionali che mi vengono in mente sono piuttosto di ordine strettamente filosofico… Ma le ideologie che La interessano sono di ordine umano e pubblico, esse fanno presa sulle masse e perciò stesso superano l’ordine strettamente filosofico: sono in realtà dei sostituti inferiori delle direttive etico-religiose, e mirano a giustificare un nuovo Vangelo. Se dunque derivano in parte da dati tradizionali deformati, si tratterà piuttosto di dati etici, giuridici, e soprattutto teologici. Sotto questo punto di vista, un certo numero di essi potrebbe essere spiegato con la sopravvivenza ad oltranza di disposizioni morali e sentimentali cristiane dopo la perdita più o meno totale dei concetti cristiani, e prima di tutto del concetto di ordine soprannaturale”. Sono 17 i volumi che raccolgono le opere di Maritain. Non meno voluminosa la sua corrispondenza con figure eccellenti del Novecento. Lettere con scambio di pensieri e ricerche. Quelle – a titolo di esempio – con Carl Schmitt, Peterson, Waldemar Gurian, Gabriel Marcel, Mauriac, Clodel, Bernanos, Charles Peguy e Leon Bloy, La Pira e don Giovanni Stecco con cui Maritain fu in corrispondenza negli ultimi 15 anni di vita.