Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha nominato Giulio Rapetti Mogol consigliere per la cultura popolare. “È un onore avere in squadra un personaggio del valore e del rilievo artistico di Giulio Mogol. Sono sicuro che ci darà un contributo importante in termini di idee e progetti”, ha dichiarato Sangiuliano. L’incarico è a titolo gratuito e non dà titolo a compensi.
Mogol, la storia della nostra musica
Mogol è la storia della musica leggera italiana, non solo per il lungo sodalizio artistico con Lucio Battisti ma anche per aver scritto alcune delle canzoni che hanno segnato la storia del Festival di Sanremo, da “Una lacrima sul viso” cantata da Bobby Solo nel 1964 a “Se stiamo insieme”, che portò Riccardo Cocciante a vincere il Festival nel 1991. In questa intervista, realizzata dal magazine Postenews nell’estate del 2021, l’autore Mogol raccontava il suo legame con la corrispondenza e i suo i ricordi legati alle lettere e alla posta.
Come nascevano le canzoni che scriveva per Battisti. C’era uno scambio epistolare?
“No, c’era sempre un incontro, volevo la presenza. Lui suonava la chitarra e io scrivevo”.
Nel libro-intervista di Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro “Il mio amico Lucio Battisti”, lei racconta di una lettera che scrisse a Battisti, nelle ultime ore della sua vita, mentre si trovava in ospedale. È vero che per anni le è rimasto il dubbio che lui la avesse ricevuta?
“Affidai la lettera a un medico, che conosceva un’infermiera che lavorava in quell’ospedale. Avevo scritto ‘Caro Lucio, spero che la stampa esageri, comunque questo è il mio numero, se hai bisogno io ci sono’. Soltanto dieci anni dopo venni a sapere da un’amica giornalista che quella lettera era stata consegnata da un medico a Lucio e che lui la lesse e si commosse”.
Nel privato, invece, che rapporto aveva con le lettere e che rapporto ha con queste oggi che le mail e whatsapp hanno di fatto cannibalizzato la corrispondenza tradizionale?
“Personalmente, preferisco la lettera alle e-mail. Mi trovo meglio, più a mio agio, forse proprio perché sono nato con le lettere tradizionali. Quando devo scrivere a qualcuno spesso uso carta e penna. Appartengo a un altro mondo e credo che la tecnologia in parte non stia facendo del bene alla cultura”.
Qual è la lettera a cui è più affezionato?
“È una lettera di circa 100 anni fa, scritta da mio nonno che morì a 32 anni in Francia, dove lavorava come geometra. Era indirizzata a mia madre, che all’epoca aveva cinque anni. Era una lettera così nobile e pura di sentimenti che mi è rimasta dentro per tutta la vita”.