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Il 13 marzo 2013 il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio veniva eletto Papa, dopo le dimissioni senza precedenti di Benedetto XVI. In vista del decimo anniversario dell’elezione, riproponiamo i nostri articoli su alcune lettere significative che Papa Francesco ha scritto durante il suo pontificato.

Lettera di Pasqua o dei quattro desideri. Potrebbe chiamarsi così una delle Lettere più sintetiche e importanti su questioni di economia internazionale. L’ha scritta Papa Francesco. Come il santo di Assisi di cui porta il nome, Francesco perora la causa dei poveri e della giustizia in tutte le sedi dove i poveri della Terra contano poco o nulla. E in questo spirito, a Pasqua, in occasione del Meeting annuale di Primavera ha scritto una Lettera al Gruppo della Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale dove riassume il suo Manifesto per una economia solidale dopo la lezione del Covid 19.

Le opportunità

La Civiltà Cattolica, una delle riviste culturali più importanti al mondo, riassume le attese del papa in materia economica in quattro punti. L’auspicio che proprio dalla pandemia “nasca l’opportunità di un cambiamento verso un’economia più inclusiva, sostenibile e orientata al bene comune universale; che i Paesi poveri abbiano voce reale negli organismi internazionali e accesso ai mercati internazionali; essi vengano aiutati attraverso il condono dei debiti contratti; che siano sostenuti nella transizione a un’economia verde.

“Il concetto di ripresa”

Facile a dirsi, difficile a farsi. Papa Francesco non è un utopista snob, ma un cristiano davvero premuroso per il bene comune, avvocato dei poveri. Questa Lettera ne completa, in qualche modo, una precedente della Pasqua 2020 destinata ai Movimenti Popolari perché si facciano attori responsabili di una svolta economica. Insieme, le due Lettere sono come due pagine aperte di un solo spartito. Ripetuto per renderlo familiare alla coscienza della gente e dei leader mondiali, sollecitati a realizzare società migliori per tutti. “Il concetto di ripresa – si legge nel testo della missiva – non può accontentarsi di tornare a un modello iniquo e insostenibile di vita economica e sociale, dove una esigua minoranza della popolazione del mondo possiede metà della sua ricchezza”.

L’incantesimo del benessere

Per superare l’incantesimo del benessere per pochi “occorre ideare forme nuove e creative di partecipazione sociale, politica ed economica, sensibili alla voce dei poveri e impegnate a includerli nella costruzione del nostro futuro comune”. Rapporti nuovi, compresi quelli finanziari oltre la cultura pietista dell’elemosina, fondati sulla pari dignità delle persone. Un riconoscimento reciproco tra poveri e ricchi possibile solo in una “cultura dell’incontro”.

Obiettivi di uguaglianza

Mentre molti Paesi stanno ora consolidando piani di ripresa individuali, – avverte Papa Francesco – persiste il bisogno urgente di un piano globale che possa creare nuove istituzioni o rigenerare quelle esistenti, specialmente quelle di governo globale per favorire lo sviluppo umano integrale di tutti i popoli. Ciò significa “dare alle nazioni più povere e meno sviluppate una partecipazione concreta nella presa di decisioni e facilitare l’accesso al mercato internazionale. Uno spirito di solidarietà globale esige anche come minimo la riduzione significativa del peso del debito delle nazioni più povere, che è stato esacerbato dalla pandemia”. Ridurre il peso del debito di così tanti Paesi e comunità, oggi, è “un gesto profondamente umano”.

Solidarietà economica

E neppure si può ignorare “un altro tipo di debito: il “debito ecologico” che esiste specialmente tra il nord e il sud del mondo. Siamo, di fatto, in debito con la natura stessa, come anche con le persone e i Paesi colpiti da degrado ecologico e perdita di biodiversità indotti dall’uomo”. L’impegno per la solidarietà economica, finanziaria e sociale implica “molto di più che compiere sporadici atti di generosità”. Il re è nudo, ma la Lettera di Francesco grida che non si possono fare parti uguali tra disuguali come accade oggi. I mercati, pure quelli finanziari “non si governano da soli. Devono essere sorretti da leggi e regolamentazioni che assicurino che operano per il bene comune, garantendo che la finanza — invece di essere meramente speculativa o finanziare solo sé stessa — operi per gli obiettivi sociali tanto necessari nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria globale”.

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