Risurrezione o ritorno, risveglio alla vita. Pasqua significa passaggio. Fa memoria dell’inaudito colore della speranza: la risurrezione di Gesù di Nazaret. Una festività cristiana che attualizza il destino dell’umanità: se Lui è risorto, primizia dei cieli e della terra nuova, tutti risorgeremo. L’esperienza mostra tuttavia che nessuno e niente può ribaltare la sorte umana dalla morsa dell’ira distruttiva della morte. Il vivente passa dal tutto al niente; da un mondo rimpianto o maledetto alle nebbie di un mistero freddo che neppure l’intelligenza artificiale è in grado di indagare. L’unico che si è interposto da vincitore tra l’uomo e la morte è Gesù di Nazaret. Un duello epico, sostenuto dal Cristo per amore. Ha giocato un brutto scherzo alla morte che pareva l’avesse sconfitto e imprigionato in un sepolcro, come ogni vivente. Tre giorni è durata questa sua prigionia nella tomba.
Il segreto esistenziale di Gesù: la risurrezione
Sparizione cui doveva seguire – come per ogni mortale – un ricordo sempre più labile tra i sopravvissuti amici, conoscenti, parenti. La risurrezione di lui è stato l’inizio storico di un mondo nuovo e anche il seme di un dubbio provato dalle generazioni dei XX secoli di storia alle prese con il rebus risurrezione: chi era Costui di cui si dice abbia vinto la morte? Il suo destino come interferisce con gli abitanti di Gaia, di cui finalmente si tenta di evitarne l’autodistruzione? Andare oltre la Pasqua vissuta come festa dell’uovo con sorpresa, della colomba dolce farcita, dell’agnello arrosto, significa porsi davanti alle conseguenze della risurrezione di Cristo compresa quale promessa per noi umani. Un rovello – quello di capire il segreto esistenziale di Gesù, di chi sia veramente e dell’affidabilità della sua parola – che si impose già ai suoi primi discepoli. Egli chiese loro: “Chi dice la gente che io sia? E voi che dite?”. Domanda imbarazzante ma tuttora necessaria per non vivere una fede nei fantasmi. Il più delle volte lasciata ancora senza risposta e se non addirittura ritenuta inattuale. Pietro rispose con slancio a questa domanda: sei il Cristo, il figlio del Dio vivente. Ma se ne scordò presto rinnegandolo. Ci sono documenti scritti che risalgono al tempo dei primi discepoli e fanno ruotare la novità di vita intorno alla sequela di questo Rabbi: tutto si gioca sulla Pasqua.
L’interrogativo
E’ davvero risorto Gesù di Nazaret ucciso in croce tra due malfattori? Si gioca su questo interrogativo l’essere cristiani oppure no. Ci sono lettere – si può immaginare quanto importanti – che giustificano la fede in Gesù proprio basandola sulla verità della sua risurrezione, promessa della risurrezione finale di tutta l’umanità. Si tratta di un certo numero di lettere di apostoli vagliate al setaccio di duemila anni di studi, ricerche, comparazioni, polemiche per misurarne la credibilità e attendibilità. Il primo documento in assoluto finora noto che parla della risurrezione di Gesù verificata da centinaia di testimoni affidabili è la prima Lettera di Paolo agli abitanti cristiani di Corinto: “Cristo – scrive Paolo una manciata di anni dall’evento – morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture”. E ancora: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli”. Paolo annette importanza fondativa alla risurrezione tanto da affermare che “se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede…invece Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita”. Paolo parla della risurrezione anche in altre sue lettere. Ai cristiani di Colossi scrive che Gesù è anche capo della Chiesa: “Egli è il principio, il primogenito di quelli che risorgono dai morti”. E ai cristiani di Tessalonica afferma: “Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti”. Anche Pietro nella sua importante lettera successiva a quelle di Paolo, consolida la familiarità della fede cristiana con la risurrezione di Gesù. “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”. E in un successivo passo si afferma che l’acqua del battesimo salva “in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”. Certo la testimonianza degli apostoli è capitale per la fede tante volte assimilata a un favoleggiare di un pugno di pescatori. Nella seconda Lettera di Pietro c’è una risposta al dubbio ricorrente fin dall’inizio. “Vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza”.