Di seguito l’intervista al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in esclusiva per il nostro magazine Postenews
Presidente Mattarella, la Repubblica celebra 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Che Festa è il 2 giugno?
“Il 2 giugno è la “festa di noi italiani”, che abbiamo scelto e voluto la Repubblica. Il 2 giugno 1946 si recò alle urne oltre l’89 per cento degli aventi diritto, in un Paese ancora fortemente ferito dalla guerra e dalle altre avventure del regime fascista. La forma repubblicana venne preferita alla monarchia e acquisì la sua concreta configurazione con la Carta costituzionale. Venne elaborata dall’Assemblea costituente eletta nella stessa occasione del referendum istituzionale: i Padri e le Madri della nostra Repubblica. Il ricorso alla consultazione a suffragio universale, maschile e femminile, con voto libero e segreto, rappresentò già di per sé uno straordinario momento costitutivo della nuova coscienza. Le forme che regolano la nostra convivenza sono la declinazione di principi che ritroviamo nella prima parte della Costituzione. La centralità della persona, il riconoscimento della sua integrità e inviolabilità, il primato dell’uguaglianza tra gli esseri umani, la dignità, la libertà, la solidarietà, i diritti e i doveri caratterizzano la struttura democratica del nuovo Stato nato dalla Liberazione. Sono valori che appartengono a tutti i cittadini. Sono nostri, e vivono nella società nel passaggio tra generazioni nella partecipazione attiva alla vita civile”.
Cosa ci dice la nostra Costituzione?
“Il costituzionalismo ispirato dall’illuminismo inseriva nelle Carte il diritto alla ricerca della felicità. Il preambolo alla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti reca questo inciso, peraltro suggerito da un grande pensatore italiano, Gaetano Filangieri. Da quel bellissimo richiamo – presente in qualche Costituzione ai giorni nostri – la nostra Carta indica il diritto al lavoro che, a ben vedere, è un altro modo di declinare la dignità umana, fatta di realizzazione personale e di strumenti di sostentamento, sulla strada della felicità. Questo è un impegno impresso come incipit nella nostra Costituzione e ripreso nei primi quattro articoli con una chiarezza e una forza eccezionali. Sono anche articoli pieni di speranza e proiettati verso le nuove generazioni. Sono articoli – e principi – che indicano una permanente azione politica, legislativa e di governo che riesca a guardare oltre l’immediato per disegnare l’approdo migliore per le giovani generazioni. Il lavoro, fondamento della Repubblica, è un obiettivo che ancora manca per troppi giovani e troppe donne. C’è la necessità di connettere le trasformazioni dei modelli economici in atto, in ragione dell’evoluzione tecnologica, con la formazione necessaria per interpretarle, governarle per affermare il primato della persona contro mere logiche di profitto o di dominio”.
I giovani e le donne cosa possono attendersi?
“I giovani devono partecipare alle trasformazioni in atto nel Paese e non subirne gli effetti. Lavorare in un Paese diverso dal proprio deve essere una scelta e un’occasione per accrescere la propria formazione. Non può essere una fuga necessaria.
I giovani chiedono di essere ascoltati. Sono l’energia vitale che va velocemente reintrodotta nel motore dell’Italia. L’articolo 3 della Carta assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese. È la nostra declinazione di un diritto alla felicità. Quanto alle donne, vi sono dinamiche vecchie e nuove che influiscono nelle scelte di vita. Sono ancora presenti gli ostacoli da rimuovere per permettere loro una piena realizzazione nella dimensione lavorativa e nel vissuto privato. Quando il diritto di un singolo viene negato è tutta la comunità a risentirne. Fino a quando esisterà un solo ambito precluso di fatto a una donna il principio di uguaglianza sarà tradito”.
Dunque, la democrazia è ascolto…
“Ascolto da parte delle istituzioni e partecipazione da parte dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali che costituiscono la forza delle società civili contemporanee. Talvolta, sul dialogo tende a prevalere il conflitto e, peggio – un fenomeno non nuovo ma non per questo meno deprecabile, aggravato oggi dall’uso distorto dei social – è il manifestarsi nella dimensione pubblica di espressioni di odio, ancor più inquietanti se espressione di lotta politica. La violenza anche solo verbale crea fossati non colmabili, mina e rende sterile ogni senso di comunità”.
Da 75 anni la Costituzione rappresenta la cornice di garanzia per l’esercizio di libertà dei cittadini e la partecipazione democratica.
“La vitalità dei suoi principi ha permesso lo sviluppo della società italiana e ci consentirà di orientarci nelle grandi trasformazioni che attraversano il nostro tempo. La Carta costituzionale pone la persona come soggetto al quale ricondurre diritti e doveri. È la matrice dei valori della Repubblica e la fonte alla quale tornare ogni qual volta abbiamo la necessità di ridefinire la nostra visione. La democrazia è divenuta norma di vita della nostra comunità e la sua pratica la rafforza. Recentemente il popolo italiano ha superato la terribile prova della pandemia ritrovando nella solidarietà, caposaldo della nostra Costituzione, la chiave per affrontarla. Il noi e il senso di comunità hanno prevalso sull’isolamento e l’impotenza. La mattina del 25 aprile del 2020 quando, in solitudine, sono stato al Vittoriano in occasione della Festa della Liberazione a rendere omaggio ai caduti e, solamente al momento della deposizione della corona, ho tolto la mascherina di protezione, ho cercato di esprimere in quel momento la forza di un’intera comunità. Non ero solo”.
La nostra Costituzione rifiuta la guerra come offesa alla libertà degli altri popoli e strumento di risoluzione delle controversie internazionali…
“È l’art.11, che prosegue: “(l’Italia) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Perché la pace non è solo “assenza di guerra’’, ma un progetto generale di convivenza tra esseri umani che caratterizza tutto l’impianto della Costituzione. Aderisce all’idea luminosa della ‘pace perpetua’ di Kant, non con uno ‘spirito esortativo’ o per una ragione estetica, bensì con forza cogente, perché gli esseri umani sono esposti alle fragilità e alle passioni e solo se si muovono in spirito di concordia e di collaborazione possono vincere i veri nemici che li minacciano. Si pensi agli sconvolgimenti climatici e alle carestie, si pensi alle pandemie, come quelle che hanno colpito recentemente le popolazioni di ogni parte del mondo, si pensi alla tragedia dei conflitti in atto”.
Trova radice in questo la costruzione europea.
“L’unità europea rappresenta uno degli eventi di maggior successo della storia del nostro Continente. Nel quadro delle istituzioni europee e col loro concorso è stato possibile realizzare i maggiori progressi sociali, garantire democrazia e sistema delle libertà, assicurare una condizione di pace dopo i continui conflitti dei secoli precedenti. Nel contesto odierno, in cui la dimensione dei protagonisti della vita internazionale è determinante, nessuno dei singoli Paesi che appartengono all’Unione Europea sarebbe capace, da solo, di svolgere un ruolo efficace. Nei momenti di crisi si riscoprono i valori del patto fondativo europeo per affrontare uniti le emergenze. Anche per la costruzione della casa comune i processi di avanzamento sono stati più rapidi nei momenti difficili. La risposta alla pandemia ne è stata un esempio. Nel mondo globalizzato affermare che nessuno si salva da solo non è una mera affermazione di rito. Il prossimo anno ci saranno le elezioni del Parlamento europeo. Una straordinaria occasione di democrazia per i cittadini di ventisette Paesi. L’Europa siamo noi”.