Inarrivabile e insuperata. Tale è stata Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi. Paradigma di una scuola che si fa pedagogia viva e metodo di liberazione del cuore e dell’intelligenza in proporzione inversa alla condizione dei ragazzi e delle ragazze: precedenza ai poveri, ai fragili, ai disabili. Una Lettera che è stata capace di dare un’anima alla politica scolastica e alla scuola risvegliandole dal letargo pressapochista e irresponsabile.
Nel segno di don Milani
Nel maggio scorso, 56 anni dopo l’ormai classica Lettera da Barbiana, fresca di stampa, è venuta “Lettera a una professoressa del nuovo millennio”. Con un sottotitolo allusivo “Dalla scuola di Barbiana alla scuola di oggi” e la prefazione di Agostino Burberi, allievo di don Milani. Ne sono autori Alex Corlazzoli, scrittore-insegnante in una scuola primaria pubblica della Pianura Padana, con altri 8 ragazzi, tra i 15 e i 18 anni, di scuole superiori diverse della città di Crema e con estrazione sociale differente: Filippo, Edoardo, Letizia, Nicholas, Chiara, Chiaretta, Tommaso e Lucia. Per mesi insieme, tra loro e on line, si sono confrontati, ripensando la Lettera di don Milani con argomenti nuovi suggeriti dall’esperienza nel mondo attuale. Loro ambizione è stata quella di dimostrare “l’attualità del messaggio milaniano” sulla scuola, fanalino di coda della politica che continua a essere vissuta dai giovani più come un obbligo che come una possibilità liberante. Anche perché la scuola pubblica è rimasta la cenerentola sociale piuttosto che il laboratorio centrale dove si preparano le nuove generazioni di cittadini alle responsabilità future nello spirito e nella pratica della Costituzione della Repubblica italiana.
50 anni di cambiamenti
Non male questa nuova Lettera a una professoressa. Ma è un’altra cosa, pur essendo degna di lettura e considerazione. Si può riprodurre il David di Michelangelo in forma tanto veritiera da confusa con l’originale? Forse sì, ma non sarà mai l’originale. E tuttavia la Lettera del nuovo millennio fa bene alla scuola. Non si discosta dai valori perenni disegnati da don Milani. Se di scuola si parla, occorre averne chiaro il profilo: non boccia, privilegia i poveri, è vissuta non come obbligo ma come possibilità per una vita più umana, resta memoria di esperienza di responsabilità e solidarietà. Gli autori della nuova lettera si muovono nel solco della prima aggiungendo la riflessione sul che fare di fronte ai cambiamenti intervenuti negli ultimi 50 anni che hanno concorso a mutare il contesto scolastico: primo fra tutti la sfida dell’informatica che obbliga a un ripensamento non solo del modo di essere alunni, ma pure di essere e fare gli insegnanti e i genitori. Finora si è vissuta in modo caotico, episodico, disuguale tra città e periferia.
Quattro riforme
Mescolando la scuola di Barbiana con le esperienze postume, la Lettera a una professoressa del nuovo millennio, con il presupposto che “l’istruzione serve alla vita”, conclude proponendo 4 riforme: introdurre l’ora di attualità, di diritto e di educazione sessuale; la riforma dei cicli scolastici tenendo conto di “come sono cambiate le generazioni e il mondo che ci circonda”; abolire i voti perché “sogniamo una scuola che non ci valuta ma ci valorizza, che non ci giudica ma ci ama”; fare ed essere la Scuola. Quest’ultimo punto è una vera raccomandazione agli insegnanti con le parole di don Milani: “Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola”. “A voi [insegnanti] – è il monito finale della Lettera alla professoressa del duemila – anche oggi, il compito di essere scuola, non di farla. Noi, ci siamo”. Noi che viviamo tra i banchi, questa lettera l’abbiamo pensata per tutti: per i nostri coetanei, per i professori, per i genitori”. Scuola, in definitiva, è l’armonia delle differenze riuscita. Il momento sociale più alto dove si riconosce e si perfeziona la coscienza della dignità di ogni ragazzo/ragazza.