Gli scienziati pregano? Domanda a bruciapelo una bambina ad Albert Einstein, lo scienziato più famoso del Novecento. Con analoga curiosità la domanda potrebbe rivolgersi a ogni genere di persona, credenti e non credenti, istruite o ignoranti: sono tanti, infatti – ammonisce la Bibbia – che pregano con le labbra ma il loro cuore è lontano da Dio. Nell’epoca della scienza e della tecnica informatica si assiste a masse oranti tra i cristiani e non cristiani, ma la preghiera resta una recita esteriore, formale senza trasformarsi in opere di bene, pace e solidarietà.
Una risposta difficile
La domanda della bambina della classe di catechismo solo in apparenza è ingenua e semplice se ci si chiede cosa significhi pregare con il cuore, con la vita e non solo con le labbra. Ad ogni modo riflettere sulla preghiera e rispondere sul suo impatto nella vita dell’uomo non è facile per nessuno, nemmeno per Einstein. Prova ne sono le due lettere tra la bambina e lo scienziato intercorse nel 1936. Il padre della relatività si rivela molto più efficace a rispondere su numeri, equazioni, algebra e fisica che su Dio al quale le preghiere sono rivolte. La risposta dello scienziato resta garbata, ma difficile per una bambina. Donne e uomini di scienza sono affascinati dalle cause dei fenomeni. Pregare è quindi una conseguenza di una causa dimostrata attendibile. E la maggior parte degli scienziati non crede all’esistenza di un Dio personale e preferiscono parlare di religione cosmica. Ma ecco le due lettere.
Dalla classe di catechismo
“Mio caro dott. Einstein – scrive la piccola Phyllis il 19 gennaio – nella nostra classe di catechismo è sorta la domanda: gli scienziati pregano? Ci stavamo chiedendo se si potesse credere sia alla scienza sia alla religione. Stiamo scrivendo a scienziati e ad altri uomini importanti per cercare di avere una risposta alle nostre domande. Saremo molto onorati se risponderà alle nostre domande: gli scienziati pregano? E per che cosa pregano? Frequentiamo la terza media nella classe della signorina Ellis”.
Uno spirito superiore
“Cara Phyllis – risponde sollecito lo scienziato il 24 gennaio – cercherò di rispondere alla tua domanda in parole semplici. Ecco la mia risposta. Gli scienziati credono che ogni evento, comprese le faccende umane, sia dovuto alle leggi della natura. Quindi uno scienziato non è portato a credere che il corso degli eventi possa essere influenzato dalla preghiera, vale a dire da un desiderio manifestato in modo soprannaturale. Però dobbiamo ammettere che la nostra conoscenza di queste forze è imperfetta, quindi alla fine il credere nell’esistenza di uno spirito ultimo si basa su una specie di fede. Tale fede è assai diffusa nonostante le attuali conquiste della scienza. Ma allo stesso tempo, chiunque sia seriamente coinvolto nella ricerca scientifica capisce che c’è uno spirito che si manifesta nelle leggi dell’universo, uno spirito di gran lunga superiore a quello dell’uomo. In questo modo la ricerca scientifica porta a un sentimento religioso particolare, che di sicuro è molto diverso da quello di chi crede in maniera più ingenua. Con i miei più cordiali saluti, Tuo A. Enstein”.
Lettera a Dio
La preghiera a Dio come insegna il catechismo ha senso soltanto per chi ha fede in un Dio personale. Einstein, persona di grande dirittura morale, contrario alla guerra, alla violenza, all’egoismo, alle discriminazioni e alla prepotenza, non sentiva la necessità di pregare poiché la sua religione – benché fosse ebreo – si basava su una visione cosmica della divinità. Sappiamo questa scelta da un’altra famosa lettera dello scienziato (conosciuta come Lettera su Dio) che nel 1954, un anno prima della sua morte inviò in risposta a Eric Gutkind, filosofo ebreo tedesco sul rapporto tra scienza e fede. “La parola di Dio – vi si legge – per me non è altro che l’espressione e il prodotto della debolezza umana, e la Bibbia una raccolta di leggende onorevoli ma primitive, che a dire il vero sono alquanto infantili. Nessuna interpretazione per quanto sottile, potrà farmi cambiare idea”. E tuttavia, l’onestà intellettuale lo spingeva a pensare che ci fosse una causalità a presiedere l’armonia dell’universo per cui Einstein ha potuto anche scrivere anche che “Dio è una realtà non tangibile ma abita nel nostro cuore. Impariamo ad ascoltarlo”. Sapendo comunque che il celebre scienziato della relatività non si riferiva al Dio di nessuna religione monoteista. La lettera sulla preghiera a una bambina è una prova del suo animo nobile, aperto a un pluralismo rispettoso.