Il mondo del calcio è in lutto: intorno alle 19.30 è morto a 79 anni Gigi Riva, dopo due giorni di ricovero nel reparto di Cardiologia dell’ospedale San Michele di Cagliari. La leggenda del Cagliari e della Nazionale aveva accusato un malore durante il weekend, mentre si trovava nella sua casa nel capoluogo sardo. Riva, in questi due giorni, è rimasto sotto la sorveglianza del personale sanitario dell’ospedale, con la presenza di diversi componenti della sua famiglia con i quali aveva parlato tranquillamente prima del peggioramento delle sue condizioni.
Mito calcistico
Se c’è stato in Italia un calciatore che pur essendo mito è riuscito a restare un uomo, quello è stato Giggirriva, come lo chiamavano i suoi ‘corregionali’ sardi. Che lo hanno venerato da quando, nel 1963, arrivò sull’Isola: doveva rimanere al massimo un paio di stagioni, per sfruttarla quale trampolino di lancio, e invece non se n’è più andato, fino all’ultimo giorno della sua vita. “Perché qui – spiegò a chi gli chiedeva il motivo di una scelta controcorrente – io che in pratica non avevo famiglia, ne ho trovate tante”. Riva rimase in Sardegna, nonostante le grandi squadre lo avessero inseguito e l’allora presidente juventino Boniperti ne avesse fatto quasi una malattia: lo inseguiva con offerte straordinarie, lui continuava a dire no e a segnare in rossoblù.
I trionfi in campo
Ma al di là del suo orgogliosissimo essere un sardo nato sulle rive del lago Maggiore, Riva incarnò presto un idolo per tutta Italia. Per la maniera dirompente di segnare (mai un gol d’astuzia, sempre grandi reti di testa o con il suo leggendario sinistro). E per quella generosità che lo portava a dare tanto a tutti, oltre a un paio di devastanti fratture alle gambe alla causa azzurra. Ha vinto poco, in relazione al moltissimo che valeva: e comunque uno scudetto con il Cagliari, quello storico del 1970. Nel suo palmares ci sono anche il campionato europeo vinto con la nazionale in finale a Roma nel 1968), tre classifiche dei cannonieri vinte, il record, tuttora imbattuto, di 35 gol in 42 gare in maglia azzurra. Per non parlare di un secondo e un terzo posto al Pallone d’Oro. A rendergli omaggio saranno in tanti, tutti quelli, molti milioni, che per una vita lo hanno amato. Perché ha rappresentato il calcio delle bandiere, quelle che conoscevano solo i colori di una squadra.