Cesarina Cinesi aveva appena compiuto 60 anni, e raccontava al giornalista di aver visto cambiare il mondo dal suo sportello delle Poste, a Ripatransone, Ascoli. Ricordava quando c’erano gli sportelli dedicati, per corrispondenza e accettazione, e uno per le pensioni, che si potevano riscuotere solo lì, con il libretto. Quello dei correntisti era preso d’assalto. «Guardo attorno», diceva, «e mi sembra impossibile. Se ci penso, mi sembra di essere capitata in un’altra vita. L’avvento del digitale ha rivoluzionato tutto in così poco tempo. I nostri sistemi sono tutti automatizzati, dall’affrancatrice ai buoni dematerializzati. Con le app puoi fare quello che vuoi. E io sono qui e l’altro giorno ho fatto i complimenti a una signora anziana. Brava, le ho detto, lei è molto smart. Parlo come un ragazzino di questo mondo nuovo».
Il lavoro al centro
La rivoluzione digitale ha cambiato davvero tutto, ha ragione Cesarina. Molte volte non ce ne accorgiamo perché ci siamo in mezzo e cambiamo anche noi assieme al mondo. Sono cambiati gli strumenti del nostro lavoro, le dinamiche dei rapporti, perfino il nostro linguaggio, mutuato dal tecnicismo anglosassone e poi allargato a tutto il resto. Non parliamo solo di “connect cashback” e di “robotic process”, di software e di business, diciamo meeting al posto di riunione, call invece di chiamata, coworking e open space, usiamo persino gli acronimi, asap, “as soon as possible”, per dire il prima possibile, definiamo “pending” una cosa in sospeso, e diciamo smart per definire uno sveglio, veloce. Questo aveva detto Cesarina alla signora. Se ci capitasse come a quel medico, che ha perso 12 anni di memoria e si è risvegliato dopo la rivoluzione digitale senza averla conosciuta prima, ne usciremmo pazzi. Lui per lunghi anni si è sentito un marziano, anche con la famiglia, pure con i suoi figli, un estraneo capitato in un’altra vita. Il punto è proprio questo. Il lavoro è al centro di questa nuova vita, è da lì che parte la trasformazione epocale che stiamo vivendo. E bisogna stare molto attenti a non creare una frattura fra il vecchio e il nuovo, a non espellere sic et simpliciter tutto ciò che non serve più. Bisogna riuscire a integrare le persone dell’altra vita, farle correre assieme al mondo che viaggia. Il grande merito di Poste Italiane è quello di aver saputo coniugare insieme il passato e il presente. Di essere un’azienda che progetta il futuro partendo da quello che ha costruito, articolando il nuovo corso su un modello di business in grado di valorizzare i suoi storici punti di forza, come la presenza capillare su tutto il territorio nazionale, attraverso le nuove tecnologie.
Poste, un mondo vicino alla gente
E allora si parte da qui. Poste Italiane è la più grande infrastruttura di servizi del nostro Paese, gestisce una rete di oltre 12.800 uffici, che si trovano a cinque minuti a piedi dal 94 per cento dei cittadini, 128mila dipendenti, di cui trentamila portalettere, 530 miliardi di euro di attività finanziarie, 35 milioni di clienti e un fatturato di oltre undici miliardi di euro. Un mondo di lavoro vicino alla gente e alla sua storia. Ma anche, come attestato da una ricerca dell’Università di Pavia, fra le dieci imprese più innovative d’Italia, che «hanno dimostrato maggiore agilità nell’affrontare le nuove sfide globali, come la digitalizzazione e la sostenibilità. Queste aziende hanno saputo trasformare il proprio modello di business per rimanere al passo coi tempi e allineate con le richieste del momento». La rivoluzione dolce di Poste Italiane ha cambiato anche il volto dell’azienda, con un massiccio ingresso di giovani dipendenti. Molta attenzione al futuro, senza cancellare il passato. Per i neolaureati vengono organizzati corsi di studio e aggiornamento, come il cyber security program, uno stage di sei mesi, con dei tutor che accompagnano il percorso degli studenti. I giovani fino ai trent’anni presenti nel gruppo sono circa il 9 per cento e i dipendenti con oltre cinquant’anni sfiorano il 44 per cento. I laureati sono cresciuti dal 12 per cento del 2017 al 22 di oggi. Nel 2017 l’età media della forza lavoro era di 50 anni, adesso invece si è abbassata a 47,9, con il 56 per cento dei lavoratori sotto la mezza età. Un’operazione resa possibile anche dalle 9.300 assunzioni del 2022.
Un cambio radicale
Non cambiano solo le facce. Cambiano anche gli strumenti. Il digitale ha messo a riposo i vecchi timbri per sostituirli con i computer. Gli sportelli, però, restano l’anima viva di Poste Italiane, anche se in questa rivoluzione del lavoro si è trasformata in parte la loro funzione, come spiega Alessandra Orienti, ufficio di Centobuchi, Ascoli: «Ora lo sportellista è diventato quasi un consulente. Sono tanti i servizi offerti dall’azienda, dalla telefonia fissa a quella mobile, dalla fibra alle assicurazioni e il mio ruolo, oggi, è quello di proporre al cliente un ventaglio di soluzioni». Forse meno gente di prima ha necessità di recarsi negli uffici a ritirare o spedire qualcosa. Ci sono meno code. Oggi prenoti il ticket e l’appuntamento, il giorno e la fascia oraria che vuoi, con il whatsapp dedicato. Attraverso il Postamat fai delle operazioni senza passare dallo sportello. Poi c’è il codice per le operazioni transazionali, per cui il cliente paga direttamente avvicinando il telefonino al codice QR. C’è il libretto postale dematerializzato, che l’utente gestisce attraverso il sito o l’applicazione, e c’è il Buono fruttifero non più cartaceo. Ci sono servizi di telefonia come il connect cashback, una carta prepagata collegata a una Sim, un prodotto unico che coniuga il transazionale con il digitale e il cellulare.
Nessuno viene dimenticato
È un mondo nuovo che non si ferma mai, ma in questa complessità delle transizioni, in questa evoluzione continua e inarrestabile del digitale, Poste Italiane riesce anche a non dimenticare gli altri, ad accompagnare quelli che restano dietro, ad aiutare tutti, perché questo è stato da sempre il suo compito. Forse “Doc”, il medico che ha perso 12 anni di memoria, si sarebbe sentito meno marziano in mezzo a noi, dopo essersi risvegliato con i computer che facevano tutto e lui che non capiva più niente. Non tutti riescono ad aspettare chi si è fermato. Il segreto di Poste è che non dimentica nessuno.