I nostri centenari: Domenico, il consulente ante litteram che faceva i calcoli a mente

Postenews, il giornale del Gruppo Poste Italiane, ha trovato e intervistato ex dipendenti di Poste che hanno superato i 100 anni di età. Per l’Azienda questi ex dipendenti sono una miniera di valori e di tradizioni da tramandare: per questo Postenews ha deciso di chiedere loro un ricordo particolare, delle immagini di un tempo e di oggi. Parole straordinarie che sono una cronaca valoriale per l’Azienda, testimoniando che – ora come allora – l’esperienza in Poste Italiane cammina parallela alla propria esistenza, segnandola in modo indelebile e riempiendo il tempo di ricordi meravigliosi. 

Domenico D’Amico, 100 anni lo scorso 26 dicembre, ha seguito le orme del padre. È diventato “postale” seguendo la tradizione del papà Pietro, direttore dell’ufficio di Amato, in provincia di Catanzaro. Domenico ha avuto anche l’onore della nomina a Cavaliere dal presidente Sandro Pertini, il 2 giugno 1982. “Io ho lavorato benissimo alle Poste. Ho iniziato giovanissimo, avevo appena 18 anni, e sono andato in pensione nel 1983 dopo più di 40 anni di servizio” racconta orgoglioso. “Ho lavorato sempre nell’ufficio postale di Amato in provincia di Catanzaro – ricorda con estrema precisione – fino a diventarne il direttore. Proprio stando in ufficio con papà, a furia di sentire il telegrafo che trasmetteva, avevo imparato già da piccolo a ricevere le comunicazioni a orecchio”.

Tradizione di famiglia

Grazie al padre, tutti i figli hanno sviluppato una passione molto forte per le Poste: Domenico aveva due sorelle che aiutavano il papà, senza essere dipendenti dell’Azienda. “Ero bravissimo a fare i calcoli a mente – spiega ancora Domenico – Una volta l’unico operatore che lavorava con me aveva sbagliato i calcoli della pensione di un paesano e, chiuso l’ufficio, mi recai personalmente in campagna a casa del pensionato a portare il piccolo importo mancante. Lui non se ne era nemmeno accorto”. Domenico è stato un “consulente” ante litteram: a tutti i paesani che avevano i risparmi alle Poste suggeriva di sottoscrivere i buoni fruttiferi e “si fidavano tutti dei miei consigli”.