Il portalettere Federico: tornare all’Elba per consegnare “fiducia”
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Il portalettere Federico: tornare all’Elba per consegnare “fiducia”

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Il postino ha scelto di tornare sull’isola e lavorare nei luoghi che conosce meglio: “Era il mio obiettivo” dice al Tirreno

Ci sono lavori che, se fatti con passione e spirito di servizio, diventano qualcosa di più. È il caso di Federico Passeroni, 40 anni, che – come racconta Il Tirreno – ha coronato il sogno di tornare a vivere e lavorare nella sua terra, l’isola d’Elba. Dopo un’esperienza in provincia di Massa Carrara, ha colto l’occasione di un trasferimento definitivo. “Era il mio obiettivo: tornare a casa, stare con la mia compagna, la famiglia, i nipoti e costruire una stabilità vera”, spiega.

Le consegne all’Elba

Oggi lavora come portalettere a Portoferraio, coprendo la zona di Rio Marina e Rio nell’Elba, tra le più difficili dal punto di vista logistico. “Consegnare all’Elba non è come consegnare ovunque. I nomi delle vie sono poco visibili, le strade sono strette, e in certi casi servono dieci minuti a piedi per raggiungere le abitazioni. Ma conoscendo il territorio e le persone tutto cambia”. La conoscenza dei luoghi e dei residenti gli permette di garantire un servizio puntuale: oltre 150 pacchi al giorno, con punte che superano i 300 in estate. “Credo di aver fatto due rinvii in tre mesi. È anche una questione di fiducia con le persone. Ti lasciano il numero, ti chiamano per sapere se arriva il pacco, ormai sei quasi uno di famiglia”. La stagione estiva porta situazioni insolite, come racconta lui stesso: “Una volta ho consegnato un pacco su una barca a vela, durante una festa. Un’altra volta sotto un ombrellone, cercando tra i bagnanti quello giusto. L’indirizzo era solo “Bagno”, e il bagnino non c’era”. Ma anche con il caldo e le difficoltà logistiche, la consegna non si ferma. “Sembra impossibile, ma ce la facciamo. Anche perché l’isola non perdona: se non consegni oggi, domani si raddoppia”.

Un presidio di comunità

Passeroni vede il suo lavoro come un presidio di comunità. “Consegnare non è solo portare un pacco. È sapere dove si trova una persona, capire se in casa c’è un parente che può ritirare. Ogni giorno ricevo chiamate, messaggi, richieste”. Dopo anni nel turismo, ha trovato la stabilità che cercava: “Voglio fare bene quello che faccio, e contribuire a un servizio migliore sull’isola”.