“Il consumatore oggi vive in un mondo che lo sollecita continuamente, gli indica bisogni e desideri, e lo espone a un bombardamento di messaggi pubblicitari sempre più aggressivi. Il consumerismo è ciò che funge da argine”. È quanto sottolinea il segretario nazionale di Adiconsum, Andrea Di Palma, evidenziando il compito fondamentale delle associazioni dei consumatori nell’educazione al consumo responsabile, già a partire dai primi anni di vita. “Il nostro compito è orientare i consumatori verso scelte consapevoli e aiutarli a capire i loro veri bisogni”, aggiunge.
Giovani e adulti
Per quanto riguarda l’educazione, Di Palma rimarca come “nelle scuole molto è stato fatto: dagli eventi sull’educazione alimentare a quelli sulla pirateria digitale, fino ai percorsi di educazione finanziaria”. Ma avverte che “le persone spesso non sanno come gestire il proprio denaro, e lo vediamo ogni giorno nei casi di sovraindebitamento”. L’educazione al consumerismo, spiega, “non è solo questione di conoscenze economiche, ma anche di equilibrio psicologico. C’è una parte irrazionale dei consumi che porta, ad esempio, i genitori a fare acquisti poco ragionevoli pur di non deludere i figli”. Per i giovani, aggiunge Di Palma, “la scuola resta il luogo privilegiato per costruire consapevolezza e sensibilità. Per gli adulti, invece, è più difficile trovare dei momenti in cui disporre della loro attenzione. Mancano luoghi di socialità, di confronto, di crescita collettiva. Oggi ci si informa – e spesso ci si disinforma – davanti a uno schermo”.
Salto di qualità
Proprio per questo, Adiconsum “fa la propria parte offrendo strumenti di conoscenza e tutela. Ogni anno pubblichiamo decaloghi e pillole informative, come quelle dedicato ai saldi, per aiutare i cittadini a evitare errori e trappole negli acquisti”. L’associazione conta oltre un milione di accessi al proprio sito e continua a realizzare progetti nelle scuole e nelle università. Secondo Di Palma, “serve però un salto di qualità: non bastano interventi spot, servono percorsi strutturali. Portare questi temi anche nei luoghi di lavoro aiuterebbe a invertire la rotta e a diffondere una vera cultura del consumo consapevole”.