Quintino Sella e l’economia sociale: “Un popolo vale quanto risparmia”
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Quintino Sella e l’economia sociale: “Un popolo vale quanto risparmia”

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Viaggio alle radici di Buoni e Libretti, nati come strumenti di inclusione finanziaria per tutte le famiglie

La data esatta potrebbe essere il dieci marzo del 1870, quando Quintino Sella, ministro delle finanze del Regno d’Italia, pronuncia il discorso per la presentazione della proposta di legge sull’istituzione delle Casse di Risparmio Postale. “Un popolo tanto vale quanto risparmia, poiché il risparmio è la forma più salda e continua, mercé cui la ricchezza presente, diventando capitale, è argomentato e misura della ricchezza avvenire”. Queste parole, propedeutiche a una delle più importanti riforme volute da questo esponente della destra storica, non sono solo un omaggio alla teoria liberale sulla ricchezza delle nazioni ma l’atto di fondazione di una cultura “democratica” del risparmio che farà degli italiani un popolo parsimonioso, ancora oggi nei primi dieci posti delle classifiche mondiali sui depositi privati. “I piccoli risparmi -continua però Sella davanti alla Camera dei deputati- non si formano spontaneamente: non basta per essi la libertà nelle istituzioni, il rinnovamento delle idee, l’opera dell’educazione generale, ma è interesse e compito della nazione stimolarli e guarentirli”. Nonostante le sue salde convinzioni di liberale conservatore di fine Ottocento, Sella non si fida ciecamente della “mano invisibile” del mercato ma più realisticamente crede nella saggezza dei ceti popolari e nel loro paziente sacrificio. Ovviamente se educati a comprendere le ragioni del risparmio che porta benefici individuali e collettivi. Subito dopo, infatti, Sella spiegherà che “La grande democrazia dei tempi nostri respinge con altero disdegno ogni somiglianza con le plebi dei circhi del mondo antico e coi volghi cenciosi dell’età di mezzo, è una democrazia che lavora e che pensa, la quale ogni giorno mira ad elevarsi moralmente e deve economicamente trasformarsi… Perché il lavoro possa progressivamente assumere qualche forma di temperata ed opportuna associazione con il capitale, è necessario che l’operaio abbia una guarentigia e di un freno in ciò, che egli pure in qualche guisa partecipi alle vicende, alla speranza ed alla prudenza del capitale”.

L’istituzione del Risparmio Postale

In quell’anno l’Italia riunificata (anche se Roma e altri territori pontifici non erano ancora stati annessi), schiacciata tra un elevato debito pubblico e la necessità di consolidare le sue finanze, doveva affrontare difficili riforme economiche e tra queste l’istituzione del Risparmio Postale, indispensabile per incanalare i depositi dei cittadini verso lo Stato, finanziando il debito pubblico e incoraggiando la crescita economica. Una ricetta che nel corso della storia italiana sarebbe stata continuamente ripresa e seguita. La preoccupazione post-risorgimentale, “abbiamo fatto l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”, si estendeva quindi dall’assenza di una vera identità nazionale all’assenza di una rete capillare per il risparmio vicina ai nuovi italiani, dal Nord al Sud, dalle grandi città ai piccoli centri, fino alle più remote campagne del Paese. La soluzione fu individuata nelle Regie Poste e le Casse di Risparmio Postale saranno istituite cinque anni dopo il pronunciamento del discorso di Sella, con la legge 2779 del 1875. Nelle prime pagine del testo, dove sono elencate le regole dell’organizzazione, si parla già di trasparenza e di contenimento del costo dei servizi, due pilastri su cui, 150 anni dopo, ancora si regge la fiducia dei 27 milioni di risparmiatori postali.

Il ruolo sociale

Durante il lungo dibattito per l’approvazione della riforma, il ministro insisterà molte volte sul ruolo sociale del risparmio postale che voleva promuovere la possibilità del risparmio tra operai e contadini, modesti impiegati e piccoli artigiani. Notabili e possidenti, del resto, erano già clienti delle banche: “Facile è per gli abbienti la virtù del risparmio, né mancano ad essi le istituzioni per raccoglierlo, o la conoscenza dell’importanza della economia. Difficilissima è per contro la virtù del risparmio presso le classi meno fortunate. Ivi le necessità della vita lasciano poco margine, e mancando le notizie sulla efficacia del risparmio, le tradizioni e l’esempio della previdenza”.

Educare gli italiani

I libretti delle Regie Poste, infatti, vengono creati proprio per rispondere alle necessità di quelle classi che Sella, con il suo linguaggio un po’ paternalistico, definisce meno fortunate. L’importo minimo da versare è di una lira, ma le Poste vanno incontro anche a chi non ce l’ha, emettendo francobolli da pochi centesimi convertibili in denaro quando, sommati, raggiungono il valore di una lira. Nasce una campagna a favore del risparmio, vengono affissi manifesti e avvisi, si distribuiscono diecimila opuscoli e si promuovono iniziative nelle scuole. La legge voleva educare gli italiani, perché il risparmio era una necessità della nascente società italiana e i depositi servivano a finanziare tutte quelle opere pubbliche che avrebbero contribuito all’unità e alla crescita del Paese. Strade, ferrovie, scuole, ospedali furono creati anche grazie a questo patto sociale tra Stato e risparmiatori e le Casse di Risparmio Postale, che di questo patto furono lo strumento, da lì in poi avrebbero accompagnato tutta la storia italiana, raccogliendo e gestendo soprattutto il denaro di chi lavora. Impiegato, piccolo imprenditore, artigiano, commerciante, operaio, libero professionista, contadino, insegnante, pensionato...