Nel cuore verde delle Serre Vibonesi, immersa tra boschi secolari e silenzi millenari, sorge la Certosa di San Bruno, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Fondata nel 1091 da San Bruno di Colonia, è uno dei più antichi monasteri certosini d’Europa, custode di una spiritualità profonda e silenziosa che resiste intatta da quasi mille anni.
Lontani dal frastuono
Qui 14 monaci certosini vivono secondo una regola antica, fatta di meditazione, solitudine e preghiera. Isolati dal frastuono del mondo, ma mai del tutto separati da esso. Ogni giorno è scandito da riti semplici e solenni, in un equilibrio perfetto tra contemplazione e lavoro manuale, tra silenzio e ascolto. Ed è proprio in questo equilibrio tra clausura e connessione che entra in scena una figura tanto discreta quanto fondamentale: il postino della Certosa. Ogni giorno, con passo rispettoso e sguardo attento, varca il portale di pietra del monastero, portando con sé lettere, pacchi, cartoline. Non solo dalla Calabria, ma da ogni angolo del pianeta: Cina, Giappone, Stati Uniti, Brasile. Un flusso continuo di parole, pensieri, richieste di preghiera, ringraziamenti e testimonianze di fede.
Un ruolo delicato
“Immancabile anche il quotidiano Avvenire. Ma arrivano anche riviste, pacchi Amazon, lettere scritte a man, e ogni tanto qualche sorpresa”, racconta il portalettere Raffaele Mirarchi, incaricato di consegnare la posta in questo angolo di paradiso terreno. Il suo è un ruolo delicato, quasi sacrale. Non è solo un tramite tra mittente e destinatario, ma un ponte invisibile tra il mondo e il silenzio. Le sue mani consegnano messaggi che attraversano continenti per raggiungere chi ha scelto di vivere lontano da tutto, ma vicino a Dio. “Un aneddoto curioso – prosegue il postino – racconta di una lettera arrivata dalla Mongolia, scritta a mano su carta di riso, indirizzata semplicemente a ‘I Frati della Certosa, Italia’. Eppure è giunta a destinazione. Come se il mondo intero sapesse dove trovare questo angolo di spiritualità”.
Punto fermo per la società
Nel centro di distribuzione di Serra San Bruno, dove lavorano circa 15 portalettere che servono quotidianamente tutti i comuni delle Serre Vibonesi, l’attenzione per tutto ciò che ruota intorno alla certosa, in termini di lavorazione della corrispondenza, sia in partenza che in arrivo, è sempre molto alta. “La certosa per questo territorio è tutto – conclude Raffaele – Non solo un luogo di spiritualità, nel quale vivono frati che hanno scelto di ripercorrere le orme di San Bruno da Colonia, ma rappresenta un punto fermo per la società serrese anche in termini di crescita economica, grazie al continuo flusso di turisti che quotidianamente raggiungono questi luoghi da ogni parte del mondo”.
Un confine invisibile
Il postino attraversa ogni giorno un confine invisibile: quello tra la frenesia del mondo esterno e la quiete assoluta della clausura. La sua figura è diventata familiare anche per la comunità di Serra San Bruno, che guarda con rispetto e affetto al monastero. È il simbolo vivente di un legame che resiste al tempo, fatto di piccoli gesti e grandi significati. “In un’epoca dominata dalla velocità digitale, la Certosa – racconta Raffaele – ci ricorda il valore della lentezza, della parola scritta, del contatto umano. Ogni busta che consegno è un frammento di mondo che entra in punta di piedi in un luogo dove il silenzio è preghiera, e ogni parola è ascoltata con il cuore”.