Roma, 12 mar – L’Italia è al primo posto nelle classifiche europee dell’economia circolare, con 103 come indice complessivo di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse, utilizzo di materie prime seconde e innovazione nelle categorie produzione, consumo e gestione rifiuti. In sostanza, come la nostra economia riutilizza in varie forme quello che è già stato usato. Facciamo meglio di Regno Unito (90 punti), Germania (88), Francia (87), Spagna (81). Nel 2018 tuttavia il nostro Paese ha conquistato solo un punto, mentre altri Paesi hanno fatto molto meglio: la Francia ne ha aggiunti 7, la Spagna 13.

La fotografia sullo stato dell’arte nel campo dell’economia circolare emerge dal primo Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2019, presentato a Roma e realizzato dal Circular Economy Network, una rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa e da Enea.

Importante è il recepimento pieno delle nuove Direttive europe, facendo partire i decreti che tecnicamente regolano il trattamento e la destinazione di quelli che sono considerati rifiuti e che invece possono diventare risorse. C’è attesa in particolare sulla normativa per la cessazione del rifiuto dopo l’attività di riciclo, il cosiddetto “end of waste”, che secondo il Circular Economy Network deve essere “rapidamente risolto, sia accelerando la capacità di fare decreti nazionali sia per le attività di riciclo dove mancano decreti nazionali applicando i criteri europei e affidando alle Regioni la risoluzione caso per caso”.

“Il primo punto è che c’è bisogno di visione, informazione e ricerca, poi bisogna assicurare un piano stabile, serve una strategia e un piano nazionale per l’economia circolare, meglio se concordato tra maggioranza e opposizione, in modo che abbia una sua durata assicurata, bisogna migliorare l’utilizzo degli strumenti economici, rivedere gli incentivi che danneggiano la circolarità e applicare bene il principio della responsabilità estesa del produttore e condivisa in tutta la catena fino al consumo e poi c’è il sistema fiscale, che dovrebbe favorire l’uso più efficiente delle risorse e premiare l’occupazione”, ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Circular Economy Network.