Roma, 7 giu – Non solo verso Nord, la Xylella vira a Ovest a pochi chilometri da Matera con i recenti nuovi casi di contagio in provincia di Taranto dove gli ulivi sono stati infettati a Montemesola e a Crispiano. Il nuovo bollettino di una guerra finora impari è arrivato dalla Coldiretti dopo un sopralluogo aereo effettuato dal presidente Nazionale Ettore Prandini e dal Ministro delle Politiche Agricole, Forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio in elicottero nell’area infetta da Xylella, per verificare dall’alto la strage di ulivi che ha cambiato il volto e il paesaggio del Salento.

Una strage che dunque avanza inarrestabile a una velocità di più due chilometri al mese e, dopo aver devastato la Puglia, rischia di infettare l’intero mezzogiorno d’Italia a partire dalla Basilicata fino alla Calabria, alla Campania e al Molise. Ma la Xylella secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) minaccia la maggior parte del territorio UE dove tra l’altro sono stati individuati altri casi di malattia, dalla Francia alla Spagna, dalla Germania al Portogallo.

Dall’autunno 2013, data in cui è stata accertata su un appezzamento di olivo a Gallipoli, la malattia si è estesa senza che venisse applicata una strategia efficace per fermare il contagio che, dopo aver fatto seccare gli ulivi leccesi, ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi arrivando pericolosamente in provincia di Bari ed ora anche a Taranto, con effetti disastrosi sull’ambiente, sull’ambiente, l’economia e sull’occupazione.

In assenza di una cura per debellare il batterio, c’è solo l’arma della prevenzione attuando le misure che l’Unione Europea suggerisce da tempo e che, purtroppo, in Italia, come più volte ha ricordato Italia Olivicola prima organizzazione della produzione olivicola italiana, non sono mai state attuate seriamente. In base alle stime contenute nello studio di Italia Olivicola, nelle scorse settimane sottoposto all’attenzione dei Commissari UE Hogan e Andriukaitis, a causa del batterio sono 4 milioni le piante definitivamente improduttive, 50 mila gli ettari desertificati, mentre la produzione olivicola si è ridotta del 10%.

Un problema nazionale ed europeo, che necessita di un’azione congiunta e seria per fermare il batterio e per provare a ricostruire l’olivicoltura distrutta. D’altronde l’Autorità europea di Sicurezza alimentare di Parma, come già ricordato, con la pubblicazione dell’aggiornamento della propria valutazione dei rischi che il batterio “Xylella fastidiosa” presenta per piante e colture dell’Unione europea, e in particolare per gli ulivi qualche spunto e soprattutto conclusioni utili per il controllo dei focolai infettivi e per la prevenzione di una ulteriore diffusione del batterio nell’UE li inizia a fornire.

Le simulazioni al computer di un gruppo di esperti scientifici dell’EFSA hanno infatti evidenziato l’importanza di mettere in atto misure di controllo come quelle specificate dalla Commissione europea, per evitare ulteriormente la diffusione del batterio e anche per eradicare i focolai già in atto. Secondo le simulazioni, le aree maggiormente a rischio sono quelle nell’Europa meridionale, ma ci sono alcune variazioni a questa regola generale, a seconda della sottospecie in questione. Ad esempio, è risultato che la Xylella della subspecie “multiplex” potrebbe avere un maggior potenziale di diffusione nel Nord Europa rispetto alle altre sottospecie.

Le simulazioni hanno inoltre messo in luce che una eventuale riduzione delle dimensioni delle “zone cuscinetto” (oggi la fascia cuscinetto in Puglia, che delimita la zona infetta, è larga 10 chilometri, e taglia la regione dall’Adriatico allo Jonio) avrebbe per probabile effetto un’aumento dell’estensione dell’epidemia.

L’Efsa ha ribadito poi l’importanza di controllare gli insetti noti come vettori del patogeno in Europa – quali la sputacchina media o Philaenus spumarius – e ridurre al minimo il tempo che intercorre tra l’individuazione e l’attuazione di misure di controllo, in particolare la rimozione delle piante infette e l’istituzione di aree delimitate.

Il rapporto conferma infine che non esiste ancora una “cura”, ovvero un modo conosciuto per eliminare il batterio da una pianta malata in reali condizioni di campo. Tuttavia, in esperimenti recenti – tra cui una ricerca guidata dal batteriologo Marco Scortichini – è stata valutata l’efficacia di misure di controllo chimico e biologico che, riconosce l’EFSA, hanno mostrato di poter ridurre temporaneamente la virulenza del batterio in alcune situazioni.

Ma, conclude l’EFSA, non vi sono ancora prove definitive che questi trattamenti possano eliminare del tutto la Xylella fastidiosa in condizioni di campo e per lungo periodo, e dunque “sono necessari dati aggiuntivi per verificare l’efficacia di queste misure di controllo della malattia”.