Roma, 11 set – Torna ad irrobustirsi il ceto medio. A certificarlo è l’indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani 2019 realizzata da Doxa per conto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo. Negli ultimi tre anni i bilanci delle famiglie hanno riacquistato parte della prosperità perduta durante la lunga crisi: il saldo tra coloro che ritengono sufficiente o insufficiente il reddito per sostenere il tenore di vita corrente sale nel 2019 al 69%, massimo storico del decennio. Di più. Le tre fasce centrali di reddito del campione esaminato, che includono coloro che percepiscono dai 1.500 ai 3.000 euro al mese, si attestano al 57,5% rispetto al 51,7% di tre anni prima. Approssimativamente, un milione e trecentomila famiglie, secondo i dati del 2019, sono rientrate a far parte del ceto medio o vi sono entrate per la prima volta, riallargandolo. Altro punto importante: si conferma l’avversione al rischio degli italiani, anche a costo di sacrificare il rendimento. Quando impiegano i risparmi, i più continuano a mettere al primo posto l’obiettivo della sicurezza (62,2% vs. 59,6% nel 2018), segue il bisogno di liquidità (37,9%).

Il 63% dei patrimoni è rappresentato da case. Gli intervistati dichiarano il possesso di una ricchezza finanziaria media pari 101 mila euro (3,9 volte il reddito medio). La ricchezza immobiliare è invece pari a 169 mila euro. Ne deriva una ricchezza complessiva per intervistato di 270 mila euro (al netto delle quote di aziende), che sale rispettivamente a 355 mila e 384 mila euro nel caso dei laureati e dei professionisti e imprenditori. Nei dodici mesi precedenti l’indagine il 6,7% del campione ha investito in case (8,7% nel 2018 e 5,7% nel 2017) ma solo il 3% circa l’ha fatto per acquistare o cambiare la propria prima casa. Gli altri acquisti sono stati realizzati per ragioni collegate all’impiego ereditario o per avere un reddito aggiuntivo nella vecchiaia. Gran parte del campione condivide che la casa possa offrire un’entrata integrativa al momento della pensione. Solo il 22% circa conosce il «prestito vitalizio ipotecario».

I risparmiatori (52%) superano di nuovo i non risparmiatori (48%). La percentuale dei risparmiatori nel campione torna finalmente a superare quella dei non risparmiatori, dopo avere toccato il minimo storico del 39% nel 2013. La percentuale di reddito risparmiata raggiunge nel 2019 il massimo storico (12,6%, vs. il 12% nel 2018 e il 9% nel 2011). La quota di risparmiatori è massima nel Nord-Est (63,8%), seguito dal Centro Italia (54,2%). Anche il risparmio gestito cresce e raggiunge il 15,3% degli intervistati. Le prime due motivazioni di acquisto dei fondi comuni sono state nel 2019 la professionalità dei gestori (34,8%) e la diversificazione del rischio (25,5%). Complessivamente, il grado di soddisfazione verso il risparmio gestito è elevato: il 12,5% degli intervistati si dichiara molto soddisfatto, oltre il 70% abbastanza soddisfatto. Bene pure le aspettative pensionistiche. Si fanno inoltre strada le assicurazioni per i rischi della salute e della longevità. Nel 2018 il 62% degli intervistati si attendeva di ritirarsi in pensione tra i 66 e i 70 anni di età. Nel 2019 la percentuale scende al 50%. Sale invece la pensione media mensile attesa, che passa da 1.175 euro nel 2018 a 1.323 nel 2019. Inoltre, il saldo percentuale tra coloro che si aspettano di avere un reddito sufficiente e non sufficiente al momento di andare in pensione si porta tra il 2018 e il 2019 dal 31,2% al 42,4% del campione, massimo degli ultimi 15 anni. Solo il 13,7 per cento del campione dichiara di essersi dotato di un fondo pensione. Migliora però la comprensione della varietà dei bisogni legati all’invecchiamento. Nel 2019, infatti, non solo aumenta l’acquisto dei prodotti di bancassurance, sia ramo vita che ramo danni, ma affiorano percentuali non basse di sottoscrittori di polizze e di forme assicurative e di welfare aziendale rivolte a soddisfare i bisogni nel campo della salute (14,4%) e della invalidità nella vecchiaia (long-term care: 15,8%).