Il boom degli affitti brevi sta avendo pesanti effetti sulle città italiane: sta cambiando il volto dei centri storici, alimenta, almeno in buona parte, l’emergenza abitativa e divide in due il mercato della locazione. È quanto emerge da un approfondimento del Sole 24Ore sulle nuove tendenze delle locazioni. Per il quotidiano economico, il fascino di una maggiore redditività contribuisce ad allontanare i proprietari dalle formule contrattuali tradizionali, già penalizzate dal rischio morosità e dalla rigidità di normative vecchie da decenni. Tanto che nelle città turistiche, vicino ai luoghi d’arte e nelle zone universitarie l’offerta resta sguarnita e la domanda di soluzioni abitative stabili fatica a trovare risposta.
L’erosione dell’offerta, soprattutto dei tagli più piccoli (monolocali, bilocali e piccoli trilocali), emerge da tre indicatori di mercato riferiti alle grandi città: nell’ultimo biennio gli annunci «affittasi» con proposte di lungo periodo sono calati del 7% su Immobiliare.it, con una flessione più accentuata a Milano (-8%); nello stesso arco di tempo i canoni sono lievitati del 2%, con picchi del 7% a Bologna e Firenze e del 10% a Milano; i tempi medi per locare un’abitazione si sono ridotti drasticamente (del 17%). Gli alloggi che arrivano sul mercato ci restano pochissimo (in media 2,9 mesi, a Milano 1,8), a conferma del fatto che la domanda resta elevata.
Secondo il Sole 24 Ore la tensione sui canoni e la riduzione dell’offerta derivano in parte dal fenomeno “affitti brevi”, non rilevato dai dati ufficiali anche a causa della presenza di un’indeterminabile quota di sommerso. Gli affitti non superiori ai 30 giorni, infatti, non hanno l’obbligo di essere registrati e resta inattuato il decreto legge 34/2019 che prevede una banca dati, con tanto di obbligo di registrazione per i proprietari e attribuzione di un codice alfanumerico per ciascuna unità. A questo proposito parlano da soli i numeri del fenomeno Airbnb, una delle piattaforme di riferimento per la locazione turistica: a luglio 2019 erano circa 416mila gli annunci disponibili sul portale, capaci di offrire oltre 1,8 milioni di posti letto.
Per i proprietari, la prospettiva di rendimenti maggiori è allettante sopratutto nelle grandi città. Secondo Sweetguest, società di gestione di affitti brevi, in centro a Milano un quadrilocale di pregio di circa 160 metri quadri può generare oltre 75mila euro l’anno e un bilocale arriva fino ai 30mila. Secondo la società, il vantaggio rispetto all’affitto lungo inizia a farsi sentire per gli immobili adatti anche altrove: la redditività è superiore del 207% a Matera, del 60% a Siena, del 100% a Treviso e del 200% a Padova, sia in centro che in periferia.
Se questo è lo scenario nelle grandi città, il mercato resta però spaccato in due. Nei piccoli centri e nelle aree poco collegate, la situazione è rovesciata: i proprietari dei 5,7 milioni di case che il Fisco considera “abitazioni a disposizione” spesso non riescono a trovare inquilini né compratori. E continuano a pagare l’Imu e la Tasi su valori catastali obsoleti, sopportando un tax rate sul valore di mercato molto più elevato di quello di chi possiede immobili nelle metropoli.
“Non è un cataclisma – ha minimizzato Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, l’associazione che rappresenta i proprietari -: può accadere che, in un certo momento o in una certa zona, la locazione breve prevalga su quella lunga. È una dinamica di mercato. Ricordiamo che la fuga dai centri storici è iniziata ben prima dell’affitto breve”. Opposta è l’opinione di Daniele Barbieri, segretario generale di Sunia-Cgil, il sindacato degli inquilini, che da tempo denuncia «la trasformazione delle locazioni nelle città d’arte” e parla di “emergenza sociale” a causa del turismo. “La domanda di case da affittare c’è ed è sempre più forte – ha spiegato -, ma ormai nei centri storici anche gli studenti fuori sede faticano a trovare appartamenti per il periodo universitario».