Roma 28 ott – Sbarca a Bologna il “Software Heritage”, mega archivio che riunisce il codice sorgente di gran parte dei software mondiali. Dal software che 50 anni fa ha portato l’uomo sulla Luna fino all’Android di Google che fa funzionare quasi tre miliardi di smartphone nel mondo, in un maxi archivio aperto a tutti di cui l’Italia sarà la prima “cassaforte”. Una raccolta di carattere universale che già oggi conserva un patrimonio informatico di oltre 6 miliardi di file per un “peso” totale di circa 250 terabyte, e che dal prossimo anno sarà ospitata nei locali del Centro Ricerche Enea. Un archivio monumentale – non a caso il progetto è sviluppato in collaborazione con l’Unesco- che mira a contenere tutto il software noto sulla faccia della terra.
La novità bolognese è stata presentata durante “After Futuri Digitali”, la kermesse organizzata dall’Agenda Digitale dell’Emilia-Romagna e dedicata alle nuove tecnologie e alla diffusione della cultura digitale. L’archivio raccoglie, conserva e rende accessibile il codice sorgente unico – ossia la sequenza di istruzioni che detta il funzionamento di un programma informatico – di oltre 90,8 milioni di software.
Esplorarlo significa compiere un viaggio nella storia dell’informatica: tra i tanti codici conservati al suo interno si trovano anche quello che guidò il computer di bordo di Apollo 11 sulla Luna, alcuni dei primi software al mondo dedicati alla computer music e perfino alcuni vecchi virus. Un po’ Cern di Ginevra e un po’ biblioteca di Alessandria, questa “Arca” digitale si propone di conservare un patrimonio che è espressione dell’ingegno e della cultura nel mondo moderno. L’idea è quella di una infrastruttura del software, dei programmi che si usano tutto il giorno, o almeno di un deposito dal quale prelevare i dati e rielaborarli, per sviluppare nuove idee, sia a scopo accademico che non.
Il Centro Enea ospiterà in realtà un “mirror” – ossia una copia – dell’intero archivio. Il progetto è stato infatti fondato in Francia nel 2016 da Inria, l’Istituto nazionale francese per la ricerca nel campo dell’informatica e dell’automazione, e nel tempo ha raccolto il supporto dell’Unesco e di sponsor del calibro di Microsoft, Intel e Google. A Bologna – spiega dunque Roberto Di Cosmo, professore ordinario di Informatica all’Università di Parigi e direttore di Software Heritage – arriverà “una copia autonoma dell’archivio su cui, grazie a tutte le nuove tecnologie di intelligenza artificiale, sarà possibile costruire uno strumento che ci permetta di trovare più facilmente il codice sorgente che ci serve o identificarne facilmente le vulnerabilità e gli errori che mettono in pericolo la nostra sicurezza”.
“Grazie a un immenso archivio che custodisce le fondamenta del software, Enea contribuirà a preservare un patrimonio intangibile di grande valore, quello cioè dei codici sorgente – sottolinea Silvio Migliori, direttore della divisione Ict di Enea – Un arricchimento del complesso ecosistema che oggi rende la Regione Emilia-Romagna un avamposto del super calcolo e della scienza dei dati”.”La nostra regione, dopo essere diventata hub internazionale dei Big Data e del super calcolo, lo diventa anche per i ‘Big Code’, confermandosi vera e propria Data Valley europea” gioisce anche l’assessore Patrizio Bianchi.
Le competenze dell’Enea di Bologna nel settore del calcolo risalgono al 1958, quando l’allora Cnen e Università di Bologna fondarono il primo centro di calcolo scientifico in Italia. Due anni dopo Enea – Cnen apriva il suo primo centro di calcolo, raccogliendo un gruppo di ingegneri, fisici e matematici attorno a uno dei più potenti calcolatori dell’epoca (un Ibm 740). Oggi l’Agenzia dispone di una delle infrastrutture di super calcolo più potenti in Italia, Cresco6, recentemente entrato nella prestigiosa classifica Top500 dei supercomputer mondiali, grazie a una potenza di 1,4 milioni di miliardi di operazioni matematiche al secondo.