Roma 25 nov – Sulla sicurezza informatica “serve un cambiamento di paradigma culturale che metta al centro la prevenzione, perché la sicurezza informatica non deve essere percepita come un costo o una criticità, ma come un investimento. Bisogna incoraggiare uno scatto di reni, un salto di qualità”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intervenuto ieri al Palazzo Reale di Milano per la prima tappa del roadshow “Asset – L’intellig&nce per le imprese”. Il premier ha poi sottolineato che l’Italia non è all’anno zero, aggiungendo che però non è più sufficiente ragionare “in termini di costi addizionali e di mancati ricavi, non basta preoccuparsi del danno reputazionale o di aspetti assicurativi”.

Venendo poi al tema caldo, ovvero i sospetti di spionaggio e di furto di dati connessi all’eventuale adozione della tecnologia 5G della cinese Huawei, senza fare nomi, il premier ha detto che “gli investimenti esteri sono certo benvenuti, ma non quelli mossi da finalità predatorie, non quelli dettati da finalità extra-economiche. La concorrenza è bella, ma questo è sleale. Le porte non sono spalancate a priori per nessuno né pregiudizialmente chiuse”, ha osservato ancora Conte. “Un attacco cyber non si limita ad intaccare il buon nome di chi lo subisce, ma può bloccare i sistemi, rubare e distruggere informazioni preziose ed essere veicolo sofisticato di spionaggio industriale”, ha concluso.

All’incontro – come riporta il Corriere delle Comunicazioni – ha partecipato anche Gennaro Vecchione, direttore generale del dipartimento Informazione e sicurezza (Dis): “Gli imprenditori hanno, credo, diritto di avere qualche buon motivo per guardare con un po’ più di fiducia a quel contesto globale nel quale sono chiamati a muoversi. Lo scenario geopolitico è “costellato da crisi, le relazioni internazionali sono improntate a un forte dinamismo a causa del continuo rimodularsi degli equilibri mondiali e questo contesto costituisce, a sua volta, una variabile di potenziale impatto su aspetti molto concreti della sicurezza; in particolar modo, sulla sicurezza economica e su quella cibernetica, le due dimensioni della sicurezza nazionale che oggi acquisiscono un peso che un tempo era inimmaginabile”.

Gli attacchi oggi entrano “dalla porta principale, e altrettanto spesso – continua Vecchione – Le aziende, comprensibilmente, faticano a maturare la necessaria consapevolezza dei rischi elevati insiti negli attacchi cibernetici, che possono provocare danni incalcolabili agli asset aziendali e possono propagarsi lungo tutti gli anelli della rete sino a mettere a repentaglio la sicurezza nazionale nel suo complesso”.

Oggi, ha concluso Vecchione, ci si confronta con “deliberate iniziative tese a esfiltrare tecnologia e know how, oppure a conquistare nicchie di mercato pregiate, mentre le nostre imprese possono rimanere esposte, anche in maniera persistente, ad attività sistemiche di spionaggio industriale. Purtroppo accanto alla concorrenza sana, esiste anche quella di chi vuole vincere a tutti i costi giocando sporco. Ecco perché non basta più essere meri beneficiari inconsapevoli delle misure di sicurezza”.