Lo scrittore Carlo Lucarelli

Quando Carlo Lucarelli sbuca da una loggia di via Remorsella, indossa una maglietta nera e ha la solita aria cordiale di un uomo autentico, che nonostante sia uno scrittore di fama non concede nulla al personaggio. Barba lunga ingrigita, viso roseo, racconta che è alle prese con il suo nuovo libro, dove torna il commissario De Luca, ambientato nel 1944 tra queste strade, “lì dove c’è il ferramenta”, mi dice indicandomi uno stabile, “io vedo la sede delle Brigate nere, c’erano 500.000 persone a Bologna, perché non bombardavano”.

Il ricordo degli esordi
Quando poco dopo ci sediamo su un tavolino all’aperto fuori dal Coco Caffè, in via Guerrazzi, nel quartiere Santo Stefano, mi parla degli esordi, “ai nostri tempi”, ricorda, quando un autore riproduceva il libro con la stampante ad aghi, “lo mettevi in una busta, lo chiudevi, facevi la raccomandata con ricevuta di ritorno e spedivi”. Erano i tempi bellissimi vissuti con l’ansia della risposta. “La prima l’ho ricevuta in due modi” dice puntualizzando, “dopo sei mesi mi ha telefonato Elvira Sellerio, dicendo che avrebbe pubblicato il mio romanzo (“Carta bianca”, ndr), ma rimasi freddo come un ghiacciolo, perché credevo che fosse il mio amico Beppe Olneti che mi faceva uno scherzo”. Allora la storica editrice di Sciascia e Camilleri, trovandolo così perplesso, gli disse che gli avrebbe spedito una comunicazione ufficiale. “La cosa è diventata vera quando mi è arrivata la lettera, con la busta filigranata, il logo e la firma”. Adesso scriviamo tutti mail, “finisci alle tre di notte, premi un tastino e parte, ma non c’è niente che rimanga. L’editore mi spedisce un pdf, lo correggo, diventa libro, una volta c’era una corrispondenza, rimanevano questi blocchi veri, vivi”, dice.

L’omaggio del Presidente
Riceve molte lettere anche dai suoi lettori, come quella di una signora che aveva letto “L’ottava vibrazione”. “Mi è piaciuto molto, le scrivo per ringraziarla di non aver fatto morire il soldato Sciortino”, riferisce ridendo di gusto, e persino di un’anziana che gli diede del cialtrone dopo aver letto “L’isola dell’angelo caduto” perché in un “ricordo del ricordo” il narratore parlava di una scena vissuta sul Carso, dove “tirava un vento caldo”, secondo lei climaticamente e storicamente improbabili. Lucarelli le scrisse scusandosi, la temibile signora rispose evidenziando i suoi imperdonabili due errori di battitura. Una lettera alla quale tiene molto l’ha ricevuta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dopo la puntata di “Blu notte”, la nota trasmissione di Rai3, dove raccontava le stragi sul lavoro, “la conservo come una medaglia”, commenta, mentre anni fa trovava puntualmente nella sua cassetta delle missive criptiche scritte a mano e spedite da un tizio che non si firmava e parlava dei misteri italiani, “una volta ne ho ricevuta una dove c’era scritto: se vuole sapere tutto sulla Strategia della tensione, chiami questo numero”, racconta divertito.

L’arma segreta delle lettere
Molti sono mitomani. “Una volta apro una busta e dentro, nel biglietto, c’era scritto: vorrei che raccontasse la mia storia, firmato Donato Bilancia”, così scriveva il serial killer che uccideva le donne sui treni. Ma le più belle, quelle più trepidanti e piene di passione amorosa, le ha scritte proprio lui, quelle che definisce “la nostra arma segreta”, le più terribili quando finiva il rapporto, piene di recriminazioni. Lì lo scrittore era insuperabile nell’adulare o ferire. “Mi ricordo l’ansia di spedirle, andavo di notte in un paese vicino dove la posta la prelevavano prima, mi piaceva l’idea che sarebbe stata distribuita la mattina seguente, ancora poche ore e lei la avrebbe letta”.

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