Poste come cerniera di servizio pubblico nel passaggio dall’era del lavoro tecnologico all’era informatica del lavoro. Le vede così don Angel Fernàndez Artime, confermato per un altro sessennio Rettor Maggiore alla guida degli oltre 15 mila salesiani presenti in 132 Paesi e dell’intera Famiglia salesiana che conta nel mondo 31 gruppi e milioni di persone tra suore, cooperatori, ex allievi. La tradizione salesiana è una tradizione di lavoro intenso e creativo a servizio dei giovani specialmente poveri o emarginati. E il lavoro è rimasto un caposaldo della loro azione educativa.

Il lavoro è puramente un’occupazione o piuttosto una garanzia per la dignità umana?
“Il lavoro, prima che chiave essenziale di tutta la questione sociale è un segno distintivo dell’umanità nel suo essere più profondo. Trasformare, produrre, relazionarsi, mediante un’attività cosciente, dà dignità e orienta il fare di ogni persona verso un fine di bene e di felicità. La dignità del lavoro fa parte della dignità della persona. La mancanza di lavoro ferisce la dignità della persona e ne condiziona la libertà. Noi salesiani abbiamo appreso da don Bosco a quale traguardo magnifico ci porta il lavoro: lavoro, lavoro, lavoro e… dopo, il Paradiso dove – egli ripeteva – ci riposeremo. Proponiamo anche ai giovani la dinamica di lavoro assiduo e qualificato, professionale e responsabile, curando di fare bene tutte le cose. Il lavoro è il miglior anticorpo del dolce far niente che causa sventure e difficoltà nella vita”.

Il lavoro è considerato una missione solo da un punto di vista cristiano o anche da chi non lo è o non è credente?
“Il lavoro rende più umana la vita in quanto elemento costitutivo di ogni uomo sulla Terra. E ciò vale al di là della dimensione religiosa della vita. Pertanto anche la tecnica che continua a rivoluzionare il lavoro deve restare a servizio dell’uomo. Anche nell’era informatica si richiede dignità del lavoro, ma è importante chi fa il lavoro e come il lavoro – specialmente di pubblico servizio – viene svolto. Chi ha la bella ventura di lavorare nei servizi pubblici – e Poste tra questi – ha l’opportunità di progredire in umanità attraverso il lavoro che svolge. In questa logica, credente o non credente si trovano sulla stessa barca”.

Poste Italiane rappresenta semplicemente un buon impiego statale o c’è un di più legato alla qualità di lavoro per il bene comune?
“Penso che Poste sia un lavoro importante e significativo al servizio del bene comune. E pertanto che richieda un supplemento di professionalità e umanità. è un lavoro privilegiato poiché unisce il compenso economico alla possibilità di servire la gente. In questo senso, i servizi pubblici hanno qualcosa di bello secondo me. Quando il lavoro viene svolto bene ed esercitato da persone dotate di umanità e delicatezza, la gratificazione per i beneficiati dal servizio è enorme. Chi di noi non ha mai commentato l’incontro fortunato di una persona gentile e paziente allo sportello di un pubblico ufficio? Ecco di cosa si tratta. Lavorare con dignità, guadagnare onestamente i soldi con cui vivere e, allo stesso tempo, sentirsi parte di un servizio speciale perché al servizio del bene di tutti. Poste conserva una grandissima valenza affettiva e simbolica. Una valenza mutata nel tempo. È vero. Ma chi di noi, alle prime armi con la posta elettronica, non ha provato l’emozione di lettere recapitate da un solerte postino invece che da una gelida connessione?”.

Leggi tutte le interviste di Postenews