I manuali definiscono “universale” quel servizio che ha grande rilevanza per la collettività all’interno del sistema. Usufruirne – aggiungono – è un diritto garantito indipendentemente dalle capacità economiche degli utenti. Le prestazioni del servizio universale – concludono – devono essere di buona qualità, distribuite nel modo più uniforme possibile in tutto il territorio nazionale e offerte a tariffe accessibili. Sono un servizio universale le Poste. Ed è da qui, da questo puntiglio classificatorio, che si deve partire per comprendere la specificità e apprezzare la natura di questa impresa e delle 130 mila persone che l’hanno trasformata nella più grande azienda del Paese. Le Poste sono di proprietà dello Stato ma sono gestite con i criteri e il rigore di una società per azioni quotata in Borsa. Ciò non contrasta con la loro natura di servizio pubblico. Dal 1862, data di nascita delle Poste Regie, all’innovazione tecnologica del nuovo Millennio con il corollario di nuove attività nell’ambito finanziario e assicurativo, la grande Rete delle Poste non ha mai abbandonato questa caratteristica di servizio pubblico, smentendo chi la ritiene incompatibile con il suo “stare sul mercato”.
La costruzione dell’identità
Valerio Castronovo ha documentato nei suoi studi come Poste sia stata un fattore importante dell’unificazione del Paese e della costruzione della sua identità nazionale. Altri storici hanno ricordato che le Poste sono state, all’inizio del Novecento, ciò che furono i telefoni negli anni Sessanta, la telefonia mobile negli anni Novanta e l’informatica nel Duemila. Ma solo le Poste hanno avuto e mantenuto la loro caratteristica di servizio pubblico. Un esempio di questa dimensione pubblica è la gestione delle misure contro la povertà. Nel 2008 il governo vara la carta acquisti (social card). Sono 80 euro bimestrali per anziani e nuclei con figli minori di tre anni. La carta si chiede e si ritira alle Poste. Passano attraverso gli uffici postali anche i provvedimenti successivi: il Sia (sostegno all’inclusione attiva), il Rei (reddito di inclusione) e il Reddito di Cittadinanza. Si tratta di carte di pagamento elettroniche emesse da Poste (gestore del servizio), ricaricabili dallo Stato (Ministero dell’Economia e delle Finanze) attraverso flussi di accredito disposti dall’INPS (soggetto attuatore). In questa triangolazione è nitidamente riassunto il ruolo di Poste come servizio pubblico.
Per l’interesse comune
Il contratto che regola i rapporti con lo Stato prevede che le Poste perseguano obiettivi di coesione sociale ed economica, “con la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, mediante l’utilizzo della rete postale della Società”. Le Poste lo fanno confrontandosi con il mercato, in competizione con altre imprese, non potendo più contare sull’affidamento in esclusiva di alcuni servizi. Ed è quindi particolarmente significativo l’impegno – prima assunto, poi rispettato – di non chiudere nemmeno uno delle migliaia di Uffici Postali nei Comuni che hanno meno di 5 mila abitanti. Aiuta l’inclusione sociale anche il risparmio postale. È un risparmio garantito dallo Stato, dunque sicuro. Non prevede spese di gestione, è facilmente liquidabile. Buoni fruttiferi, libretti e Piani di risparmio hanno consentito a milioni di italiani di tutelarsi in momenti di incertezza economica, e nello stesso tempo – grazie alla raccolta fondi operata da Cassa Depositi e Prestiti – hanno favorito il finanziamento delle attività di sviluppo del Paese: costruzione di scuole, ospedali, strade e supporto alle imprese. Gli Uffici Postali sono uno strumento di integrazione degli stranieri regolarmente residenti in Italia. Decine di uffici multietnici effettuano oltre 6 milioni di transazioni in un anno. Corrispondono all’interesse pubblico anche la promozione della cultura digitale tra la clientela e l’organizzazione di sofisticati strumenti di protezione e sicurezza dei sistemi di comunicazione telematica. L’alfabetizzazione finanziaria nelle scuole e l’utilizzo degli uffici postali per pubblicizzare l’attività dei centri antiviolenza. Si può stare sul mercato con uno sguardo attento all’interesse comune.