Tra le tante insidie delle montagne del Tibet, ci sono strade molto pericolose per i portalettere della zona che abbraccia l’Himalaya, nella parte tibetana dello Yunnan, provincia della Cina, situata nell’estremo sud ovest della nazione. Nei luoghi più interni, per consegnare la posta, il viaggio diventa impresa e il portalettere è un eroe moderno che combatte contro gli elementi della natura. Tre percorsi, 350 chilometri di lunghezza per quasi seimila residenti, strade in alcuni casi inesistenti e un itinerario oltre i limiti della praticabilità: innevato durante l’inverno, allagato in estate. Qui i portalettere trovano il coraggio nella buona volontà e nella dedizione al lavoro, muovendosi principalmente a piedi, con sacchi di 20 kg. Quando tramonta il sole, le grotte e gli alberi sono gli unici rifugi. Ma quando si è in prossimità di un caseggiato viene in soccorso l’ospitalità di famiglie del posto. Nelle lande battute dalla pioggia e dal vento o dal sole che scende a picco, il portalettere è l’unico riferimento per le famiglie che attendono di sapere le condizioni di salute dei figli lontani o del giovane che aspetta la lettera di ammissione all’università.

Una storia da salvare
Sembra una pagina d’antologia. Invece è una storia fatta di dedizione e coraggio, semplicità e immediatezza. Una di quelle storie che a sentirle dagli altri ti viene da non credergli. Poi guardi le foto, i video che hanno fatto il giro della rete e quegli occhi, vivi ed espressivi che parlano di vita, amicizia, amore. Allora la narrazione si fa interessante e l’ascoltatore diventa il lettore di una pagina che pensavi non potesse essere mai scritta. Qualche anno fa, Nyima Lamu, una delle “postine” che percorre l’area del Tibet, è stata selezionata tra 840 mila portalettere cinesi al raduno annuale dell’Unione Postale Universale (a Berna) e accolta dai delegati di 70 Paesi con una standing ovation. La sua storia ha emozionato il mondo intero e ha fatto guadagnare a Nyima, il premio come “postina dell’anno”. E lei, senza scomporsi, ha voluto dedicare l’importante riconoscimento agli oltre quindicimila colleghi che consegnano la corrispondenza sempre e comunque a piedi. “Molte volte – ha dichiarato alla platea dell’UPU, in occasione del ritiro del premio – mi sono fermata anche a leggere o scrivere le risposte alle lettere, perché si tratta di persone analfabete, che attendono comunicazioni da tempo e fanno il conto alla rovescia rispetto al mio arrivo. Mi sono sempre vestita di rosso perché in caso di pericolo riesco a camuffarmi più agevolmente nei campi di fragole”.