Una pagina poco esplorata, quasi sconosciuta, della nostra storia postale riguarda il fedele spirito di servizio, il coraggio e il sacrificio dimostrato dalle nostre colleghe, donne di grande valore, in moltissimi momenti della Prima Guerra Mondiale. Le dipendenti postali, in particolare, quelle che lavoravano vicino alle zone di guerra, rischiarono la vita, soprattutto negli Uffici Postali – presi di mira dai continui bombardamenti austro-tedeschi – pur di continuare ad assicurare un servizio essenziale come il servizio postale. La digitalizzazione documentale, effettuata dall’Istituto di studi storico postali di Prato, ha permesso l’accesso al “Bollettino del Ministero delle Poste e dei Telegrafi” durante la Grande Guerra; in questo Bollettino sono riportati i nomi e qualifiche dei dipendenti postali, dei morti, feriti, dispersi e prigionieri, oltre alla documentazione attinente la motivazione degli encomi e delle decorazioni che sono state date agli addetti alle comunicazioni tra cui telefonisti e telegrafisti, inquadrati anche come soldati nei vari reparti militari. Di seguito descriviamo quindi alcune brevi storie sintetiche, ma significative, del grande spirito di servizio che ha caratterizzato il mondo femminile di quegli anni.

In prima linea
Ad esempio, nel primo Bollettino, sotto la voce “Atti di valore” è descritta la storia che riguarda Valentina Chiarazzi, supplente postale a Grado, cittadina sul mare nel Friuli orientale; cittadina oggetto di alcune incursioni aeree molto significative che provocarono anche delle vittime. Alla nostra Valentina Chiarazzi il Ministro della Marina conferì la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Nell’esercizio delle funzioni di dirigente di un ufficio militarizzato delle Poste e dei Telegrafi non abbandonava la sede, che era crollata sotto colpi di grosso calibro travolgendo vittime, se non quando ebbe provvisto a mettere al sicuro i valori, dando mirabile esempio di alto sentimento del dovere, di sereno coraggio e di proficuo sprezzo del pericolo”. Un altro momento particolarmente significativo nella sua tragicità per le nostre Poste fu quello della nota ritirata di Caporetto, definita da molti storici come la più grande disfatta dell’esercito italiano. La Germania per aiutare gli austriaci e sfondare il fronte italiano effettuò un attacco a sorpresa inviando segretamente sei divisioni sul fronte. La mattina del 24 ottobre 1917 iniziò l’attacco, immediatamente con armi chimiche; soltanto gli italiani con le maschere antigas si salvarono, poi, in un secondo momento, iniziò un intenso fuoco di artiglieria, seguito dall’ assalto di fanteria tedesca. Quando gli austro-tedeschi arrivarono nelle valli vicino Caporetto la disfatta italiana fu totale, gli italiani si ritirarono pur riuscendo ad attestarsi sul fiume Piave e a fermarne l’avanzata. In questo contesto furono molti gli atti di coraggio dei dipendenti delle Poste per assicurare il servizio fino all’ultimo e mettere in salvo il materiale postale. Uno speciale encomio fu ricevuto da Giuseppina Favero – gerente della ricevitoria postale di Maserada (TV) – che così recita: “nonostante il tiro delle artiglierie nemiche, seppe continuare imperterrita a disimpegnare il proprio servizio, non ritirandosi altro che quando vi fu obbligata dalle Autorità militari per l’imminente pericolo”.

La difesa delle comunicazioni
Altro esempio di grande spirito di servizio fu quello della gerente della ricevitoria di Vas (Udine) – Filomena Cimolato – che ricevette degli elogi perché: “durante l’invasione nemica rimase bloccata nel paese e dopo aver riparato a Mel, venne internata dalle Autorità austriache in un campo di concentramento in Ungheria. Ciò nonostante ella riuscì ad occultare i valori dell’ufficio, finche’ al momento del rimpatrio, tanto da poterli consegnare alla Direzione di Belluno, che constatò la completa regolarità del conto. Il Ministero è lieto di tributare qui alla brava collega l’encomio giustamente meritato”. Particolarmente elogiati furono tutti quei dipendenti postali che fino all’ultimo, mettendo a repentaglio anche la loro vita, rimasero negli Uffici nonostante l’avanzata nemica.  Anche le telefoniste, vicine alla linea del fronte, si trovarono spesso esposte al pericolo dei bombardamenti aerei e anche a loro venero tributati degli encomi per la loro opera; in particolare, il 6 giugno 1917 alla telefonista Ida Donadel -reggente dell’ufficio telefonico di Mestre – venne fatto un encomio solenne con la seguente motivazione :”Durante i ripetuti bombardamenti aerei con suo contegno energico e coraggioso infondeva coraggio fiducia e calma al personale dipendente”; stesso encomio veniva dato alle telefoniste Carmela Chirisola, Giulia Pezzè, e Maria Favaro: “perché nelle medesime circostanze le addette – commutatoriste ad una importante centrale telefonica – durante i ripetuti bombardamenti aerei, continuando a disimpegnare il proprio compito con calma e serenità dimostrando elevato senso del dovere e mirabile sprezzo del pericolo. (articolo di Paolo Marcarelli – Fondazione proPosta)