Nella prima metà del 2020 erano rallentate, poi hanno registrato un rilancio da record. Da giugno a ottobre 2020, le aziende hanno annunciato di avere concluso operazioni di fusione e acquisizione a livello globale per un valore complessivo di 1.400 miliardi di dollari, segnando una crescita del +84% rispetto ai primi cinque mesi dell’anno, e portando a un valore totale di 2.200 miliardi di dollari di contratti siglati nei primi 10 mesi dell’anno. Le cifre sono contenute nel report “M&A emerges from quarantine – M&A strategies to thrive in the post-pandemic environment”, costruito sulle risposte di oltre 1.500 CFO nei 17 Paesi che partecipano alla Deloitte European CFO Survey, ai quali era stato chiesto quali fossero i loro obiettivi di M&A, le priorità strategiche, i rischi e le sfide per i prossimi mesi.
Il valore strategico degli accordi
“Poiché i modelli di business delle aziende possono cambiare, in particolar modo in quest’epoca di profondi mutamenti, i CFO devono valutare i potenziali accordi non solo in termini di convenienza della valutazione attuale o del prezzo, ma anche in base al loro valore strategico – ha spiegato Riccardo Raffo, CFO Program Leader di Deloitte Italia – Le aziende si trovano ad affrontare il difficile compito di realizzare sinergie in condizioni estremamente impegnative come quelle attuali. Per questo è importante rivedere i processi di integrazione standard ed esser certi di includere strumenti virtuali, digitali e analitici nel processo di creazione di valore post-deal”.
Le italiane puntano su M&A non tradizionali
Tra gli aspetti critici sono stati evidenziati la situazione economica generale e gli ostacoli normativi. Circa il 40% dei CFO europei (il 35% di quelli italiani), infatti, non pensa che vi sarà una significativa ripresa economica entro i prossimi 12 mesi e quasi la metà degli intervistati (44% in Europa e 51% in Italia) guarda con timore i molteplici ostacoli politici, burocratici e normativi da affrontare per completare le transazioni di fusione e acquisizione. E’ interessante notare come le aziende italiane perseguono sempre più attività non tradizionali di fusione e acquisizione, come joint venture, alleanze, fusioni e acquisizioni disruptive e investimenti di venture capital in asset sostenibili (59%), acquisizioni per accelerare la trasformazione digitale dell’azienda (67%) oltre ad attività di ristrutturazione del portafoglio che portano a disinvestimenti (62%) insieme ad operazioni di fusione e acquisizione più tradizionali, come il consolidamento nel proprio settore di attività (75%).