Quando al telefono comincio a parlare di lettere, corrispondenze, scambi epistolari, Giancarlo De Cataldo, scrittore e magistrato, mi blocca subito, e con la sua voce dal timbro robusto e un po’ nasale mi confessa senza esitazioni e istintivamente: “Sono state fondamentali, legate alla mia grande storia d’amore”, quella con Tiziana, che poi è diventata sua moglie. “Io stavo all’università a Roma, lei a Taranto, ci scrivevamo lettere ossessivamente come tutti gli innamorati lettere piene di passione” dice con tenerezza Giancarlo De Cataldo, autore dei libri dell’Italia più nera e crudele, come “Romanzo criminale”, “Suburra” e “Alba nera” (con Carlo Bonini). “La lettera è importante”, aggiunge, “investi tempo e affetto, si deve scrivere a penna, si deve vedere la calligrafia, deve essere calda” dice con passione, “nell’era dell’elettronica comunque conserva ancora un suo fascino”.
Il benvenuto in Einaudi
Oggi secondo lui della antica lettera è rimasto forse il messaggio profondo della dedica, quando lo scrittore incontra i suoi lettori dopo la presentazione e a ognuno scrive un pensiero diverso, oppure spedisce il suo libro a una persona che stima. Ricorda con piacere “un biglietto” in particolare, glielo mandò Roberto Cerati, storico Presidente della casa editrice Einaudi e amico fidato del fondatore Giulio, che quest’ultimo chiamava “l’uomo dai silenzi significativi”, il quale gli scrisse “con una grafia minuta quando ‘Romanzo criminale’ s’affermò”, come racconta adesso De Cataldo, “non so se si ricorda quando le ho dato il benvenuto in Einaudi”, come per dire che non si era sbagliato, e lui nel leggerlo si commosse.
Il manoscritto ritrovato
Ecco di lettere editoriali ne ha ricevute diverse, anche una di rifiuti da un editore che non nomina: “Voleva dire qualcosa di più e lo disse male. Gli avevo inviato un libro che un po’ si rifaceva a un generico “manoscritto ritrovato”, e la risposta fu invece: “I nostri esperti di letteratura armena non l’hanno ritenuto attendibile”. Invece, quando Laura Grimaldi e Marco Tropea, che dirigevano a Segrate le collane di genere, gli scrissero a proposito del suo primo romanzo “Nero come il cuore” dicendo che lo avevano accettato, “la aspettiamo da Mondadori per parlare del suo libro”, fu una vera gioia e l’inizio di una lunga e prestigiosa carriera. Quella lettera la ricorda benissimo.
Il filone storico
Ma anche nella finzione di certi suoi libri storici ha utilizzato inevitabilmente le corrispondenze lavorando negli archivi, come ne “I traditori”, un libro sul Risorgimento che si chiude con una missiva di Giuseppe Mazzini a Lady Violet Cosgrave, o in “Nelle ombre e nella luce”, ambientato nel 1848 nella Torino di Carlo Alberto, un altro filone, quello storico, della sua corposa produzione romanzesca. “La lettera, il romanzo epistolare nell’Ottocento è un genere, basti pensare a “Le relazioni pericolose” di Choderlos de Laclos. Amo molto leggere lettere, epistolari, diari, la lettera rivela il mondo dello scrittore”, cita i carteggi degli ultimi giorni di vita del cantautore Leonard Cohen, le comunicazioni scambiate con il poeta Peter Scott, “sono mail ma è come se fossero lettere, hanno la stessa intensità”.