Il portalettere di Piazza San Marco: “I colleghi stranieri mi chiedono i selfie”

Si chiama Giuseppe, ha 42 anni, è originario di Bari ed è il portalettere di Piazza San Marco. Il suo posto di lavoro sono le calli visitate dai turisti di tutto il mondo, che fanno di lui una “star” anche tra gli stranieri che vengono a visitare Venezia da ogni parte del Globo: “E trovi il collega postino americano o tedesco che ti chiede di fare un selfie insieme”, racconta a “La Nuova Venezia”, che a Beppe ha dedicato un ampio servizio.

Il racconto

Giuseppe, si legge sul quotidiano locale è il portalettere della zona di Piazza San Marco, quella che contempla Calle Vallaresso e i Giardini Reali, che sconfina nelle Mercerie e fino alla Curia, ed è limitata dal ponte della Paglia. Il cuore della Serenissima, vissuta da quattro anni con passione, passando dal civico 1016 al 1645, con l’acqua alta il sole o il maltempo, tra la Basilica che si specchia nel pavimento allagato della piazza e i negozi dei vip, il ristorante o il tabaccaio. “Posso garantire che è ima emozione unica. Mi sento una delle persone più fortunate al mondo”

Anche con l’acqua alta

Giuseppe ha accettato volentieri di lavorare nella piazza più famosa del mondo: “In Veneto – spiega ancora – ci sono stati tanti pensionamenti, e mi hanno proposto il trasferimento dalla Lombardia. Il posto in Piazza San Marco era vacante, ed è quello che piace meno da quel che ho capito, perché hai i disagi con il turismo e l’acqua alta. Ho accettato subito, e ne vado orgoglioso”. Per lui, che ama l’arte e l’architettura, invece, “è un privilegio, non mi sembra vero. Ovunque guardi resti a bocca aperta. La mia zona è speciale, particolare, semplicemente unica. Nella tristezza del momento, lo è stata anche durante il lockdown, quando ero il solo a camminarci con il mio carrello per la corrispondenza, e a volte mi sedevo un attimo sui gradini sotto il Correr per ammirare questo luogo rimasto deserto”.

La fiducia dei clienti

Giuseppe descrive poi il rapporto “particolare” con i clienti. “Cerco sempre di essere educato, cordiale e rispettoso, ma con negozianti, commesse o abitanti si crea un rapporto di fiducia. In pandemia raccontavo di porta in porta la città deserta, rispondevo alle domande della gente. Oggi mi fa strano vedere tanti negozi che chiudono, saracinesche abbassate dove non porterò più la posta. Talvolta erano nate delle amicizie”.

L’insidia dell’acqua

C’è chi consegna in auto o in motorino, Giuseppe naturalmente di muove a piedi. “Faccio in media 28 mila passi al giorno, ma voler mettere lo scenario? L’importante è stare attenti a non rovinare la corrispondenza se piove o con l’acqua alta. Non è facile girare con il carretto in 30 centimetri di acqua”. E in mezzo ai turisti come si lavora? “Ci vogliono pazienza e a volte nervi saldi, ma poi molti ti fermano per chiedere le solite informazioni: la stazione, Rialto, il ponte dei Sospiri”. E poi ci sono i selfie.