Con Mandela, l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu è l’icona più conosciuta per la lotta nonviolenta all’apartheid in Sudafrica che lui amava chiamare nazione arcobaleno. Papa Francesco nel penultimo paragrafo dell’enciclica “Fratelli Tutti” lo cita con Gandhi e Luther King tra “i fratelli non cattolici” che lo hanno motivato “nella riflessione sulla fraternità universale”.
Tutu, artigiano della pace
Instancabile artigiano della pace, il Nobel Tutu ha fatto largamente ricorso a lettere aperte scritte come mezzo di lotta nonviolenta per sollecitare la responsabilità personale di ciascuno per lo sviluppo umano. Una delle prime la scrisse – ancora trentenne – al primo ministro Vorster ammonendolo del pericolo reale di una esplosione incontrollata di popolo per porre fine all’apartheid in Sud Africa. Non ebbe risposta. Libertà di pensiero e servizio alla dignità umana, senza lasciarsi condizionare dalle schermaglie ideologiche, caratterizzano le sue Lettere aperte alla stampa su temi scottanti e attuali per garantire umanesimo e democrazia. Sono rimaste lo strumento unico per restare attivo nella lotta anche in tarda età. Nel suo 85° compleanno ha inviato una Lettera aperta al Washington Post esprimendo il desiderio di poter scegliere al momento opportuno come morire. “Non voglio essere mantenuto in vita a ogni costo. A tutti deve essere garantita la dignità anche nell’ultima fase della vita”. Si è attivato con altri vescovi del Sudafrica nel contrasto al Covid-19.
La lotta per il clima di Tutu
Resta memorabile la sua lettera a The Guardian dell’aprile 2014 sui cambiamenti climatici nella quale anticipa di un anno parecchi contenuti della Laudato si’ di papa Francesco che tanta eco ha avuta nel mondo. Tutu scrive tra l’altro che “oggi non abbiamo scuse. I cambiamenti climatici non possono più essere liquidati come fantascienza: ne stiamo già sentendo gli effetti…ll cavallo non è ancora scappato via, ma è sulla buona strada verso l’uscita dalla porta della stalla. Chi può fermarlo? Beh, possiamo, io e te. E non è solo che siamo in grado di fermarlo, abbiamo la responsabilità di farlo…Il sapore del “successo” nel nostro mondo impazzito è misurato in dollari e franchi e rupie e yen. Il nostro desiderio di consumare e tutto ciò che possa avere un valore – di estrarre ogni pietra preziosa, ogni oncia di metallo, ogni goccia di petrolio, ogni tonno nel mare, ogni rinoceronte nella savana – non conosce limiti. Viviamo in un mondo dominato dall’avidità. Abbiamo permesso agli interessi del capitale di superare gli interessi degli esseri umani e della nostra Terra. Nel corso della mia vita ho creduto che l’unica risposta all’ingiustizia è ciò che Mahatma Gandhi ha definito “resistenza passiva”. Durante la lotta anti-apartheid in Sud Africa, con il boicottaggio, i disinvestimenti e le sanzioni, sostenute dai nostri amici oltremare, siamo stati in grado di esercitare una pressione economica sul nostro ingiusto stato, ma siamo riusciti anche ad esercitare una forte pressione morale. E ‘chiaro che i paesi e le aziende principalmente responsabili per l’emissione di anidride carbonica e dell’accelerazione dei cambiamenti climatici non se ne andranno da soli; hanno troppi interessi economici. Hanno bisogno di un sacco di “gentile persuasione” da parte nostra. Ci sono molti modi in cui ognuno di noi può lottare contro i cambiamenti climatici: non sprecare energia, per esempio. Ma queste misure individuali non faranno una differenza abbastanza grande nel poco tempo che ci resta a disposizione… Le persone coscienziose devono rompere i legami con le società che finanziano l’ingiustizia dei cambiamenti climatici. Possiamo, per esempio, boicottare squadre sportive e programmazione multimediale sponsorizzati da aziende energetiche di combustibili fossili. Possiamo esigere che gli annunci di aziende energetiche portano avvertenze per la salute. Possiamo esigere che sempre più le nostre università e municipalità e istituzioni culturali taglino i loro legami con l’industria dei combustibili fossili. Possiamo organizzare giornate senza auto e costruire la più ampia consapevolezza sociale possibile”. Il verbo “possiamo” è il più ripetuto. E la buona notizia è che “non dobbiamo ripartire da zero. I giovani di tutto il mondo hanno già iniziato a fare qualcosa al riguardo”. Desmond Tutu, l’ottimista e il positivo.