Imparare a comunicare con i propri figli, ad ascoltarli e a mostrare un interesse sincero per il loro mondo. È questa la “cartolina” che il professor Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista, scriverebbe all’anno appena iniziato, dopo aver pubblicato con Feltrinelli, durante l’anno appena trascorso, “Il libro delle emozioni” e “Che tempesta. 50 emozioni raccontate ai ragazzi”.
Professor Galimberti, come è cambiato il mondo emotivo durante la pandemia?
“Il mondo emotivo ha risentito di tonalità abbastanza negative perché la clausura ha determinato un calo delle emozioni positive nella nostra quotidianità. Ma ciò che più mi preoccupa non è il distanziamento sociale determinato dal virus, ma il distanziamento dalla comunicazione vis a vis. Siamo diventati intolleranti alla distanza dal cellulare e dai social e molto spesso affidiamo la nostra identità al numero dei follower. Per non parlare della possibilità di controllare dove si trovano gli altri e cosa stanno facendo”.
Quali sono i rischi di questa condizione?
“Non bisogna mai perdere il nostro mondo interiore, che vive di silenzi e di attesa che il mondo di oggi non ti concede. La psiche umana è lenta e non ce la fa a stare alla velocizzazione del tempo. Viviamo in un paese con il sole, dove si mangia bene e si parla molto. Parlare molto vis a vis fa bene e dovremmo ricordarcelo”.
È un invito anche per genitori e figli?
“I genitori non parlano abbastanza con i loro figli mentre dovrebbero sapere che la loro la loro parola è efficace fino ai 10-11-12 anni, l’età in cui i ragazzi devono passare dall’amore incondizionato dei genitori all’amore condizionato degli amici. Questo passaggio che Freud aveva ben identificato nel complesso di Edipo è necessario: “uccidere” il mondo genitoriale significa staccarsi dai genitori in modo sano, sbattere la porta ogni tanto. Se l’Edipo non accade in famiglia, deve comunque accadere nelle manifestazioni, in curva o contro la polizia. Comunicare serve eccome”.
Cosa non bisogna dire ai propri figli?
“I genitori guardino i loro figli. Non dicano mai “ai miei tempi”: i miei di tempi, per esempio, erano tempi molto favorevoli. Il futuro era una promessa, quando mi laureai nel 1965 c’erano i concorsi per diventare professori di filosofia. Il futuro era lì ad aspettarmi. Oggi, come sappiamo, è tutt’altra storia: la dimensione del futuro, quando non è una minaccia, è imprevedibile”.
Professor Galimberti, un consiglio per i genitori di oggi?
“Molti padri si annoiano a parlare con i figli piccoli, molte madri si concentrano troppo sul livello fisico, sulla salute e sul non farsi male. Non che sia sbagliato, ma ogni tanto bisognerebbe chiedere anche a un bambino “sei felice?”. Se non si fa da subito, quando i ragazzi diventano grandi le parole dei genitori diventano parole vane”.
Spesso anche i genitori trovano porte chiuse.
“I ragazzi di oggi sono nati nel mondo digitale. Quando i figli aprono una finestra di dialogo i genitori li devono ascoltare con un atteggiamento che non deve essere quello “ti ascolto e dopo ti dico” ma bisogna mostrare una reale e sincera curiosità per il mondo dei ragazzi, che è un mondo che un genitore non conosce”.
Un invito per il futuro?
“Prestare attenzione a se stessi e ricordarsi che il senso della propria vita non si trova nel pensiero calcolante ma nell’irrazionalità: il dolore, l’amore, la fantasia, l’immaginazione, il sogno”.