I palazzi di Poste Italiane sono parti integranti delle città, punti di riferimento per tutti i cittadini che quotidianamente si recano negli uffici. Alcuni di questi edifici, pur essendo in tutto e per tutto moderni dal punto di vista delle funzionalità, hanno origini antiche e sono considerati delle perle dell’architettura. Uno di questi è il Palazzo delle Poste di Palermo, la cui bellezza è stata protagonista di un lungo articolo sulla rivista di design The World of Interiors.
La nascita delle Poste di Palermo
L’articolo racconta la storia del palazzo, inaugurato nel 1934 e costruito in pieno stile modernista, come simbolo del progresso. Personalità fondamentale per la nascita del palazzo fu Angiolo Mazzoni, “figura chiave nella battaglia degli stili” che si combatteva in quegli anni tra modernisti e progressisti. Mazzoni, spiega l’articolo, “in qualità di ingegnere capo del ministero delle comunicazioni, ha progettato eleganti uffici postali e stazioni ferroviarie, dal Piemonte alla Sicilia, in collaborazione con gli artisti più avventurosi. I migliori tra questi edifici statali sono punti di riferimento del Modernismo, impeccabilmente realizzati e ben tenuti”. L’ufficio postale era un grande simbolo di prestigio e “serviva come centro sociale dove le persone inviavano pacchi e telegrammi, facevano telefonate, pagavano le tasse e depositavano risparmi”. La sua funzione e la sua importanza spiegano “il sontuoso uso del marmo a Palermo – grigio all’esterno, mente per la scala e la sala conferenze si è usata una fantasia rosa – insieme ad altri materiali di lusso”.
Gli interni del palazzo di Palermo
Parte dell’articolo, correlato da diverse immagini, è dedicato anche ai favolosi interni delle Poste di Palermo. “Mazzoni – si legge sulla rivista – progettò il tavolo da conferenza in marmo come un tempio in miniatura circondato da sedie a forma di trono in rame e cuoio marocchino rosso. Una figura in bronzo di Diana la Cacciatrice fa la guardia. Opere d’arte d’avanguardia completano questo maestoso insieme. Cinque pannelli di Benedetta Cappa, artista futurista di spicco, dominano la sala. Ognuna è un’astrazione di un metodo di comunicazione – via terra, mare, aria, radio, telegrafo e telefono – e celebrano quelle che allora erano le ultime tecnologie”. “Una statua che commemora un soldato caduto della prima guerra mondiale – prosegue l’articolo -, una volta in mostra nel portico, ora riposa nel garage”. Un dipinto di Tato, nome d’arte di Guglielmo Sansoni, dal titolo Giovinezza, occupa ancora un muro della sala conferenze, mentre “l’ufficio del direttore mantiene una tranquilla dignità”.
L’ufficio del direttore
L’ufficio del direttore, spiega l’articolo, “è stato progettato da una celebrità locale, Paolo Bevilacqua, che ha diretto la Scuola di Arte Industriale. I suoi murales raffigurano la storia delle comunicazioni nel corso dei secoli. Sbiaditi e anneriti dal fumo, sono sopravvissuti a un incendio nel 1989 insieme ai mobili in palissandro di Vittorio Ducrot e ai mobili intarsiati. La squadra di restauro ha reinstallato altri pezzi che erano stati in deposito, tra cui un portaombrelli dorato che ha una inquietante somiglianza con una bomba”.