Mario Desiati nel ricevere il Premio Strega con il romanzo “Spatriati” (Einaudi), ha fatto una dichiarazione passionale verso la letteratura e la società: “La Puglia è una terra di frontiera. Sono cresciuto con gli scrittori pugliesi del Novecento, una di queste era Mariateresa Di Lascia che vinse qui nel 1995 ma non poté ritirare questo premio perché morì alcuni mesi prima. Lo dedico a lei e ai lavoratori dell’editoria italiana e alle anime che lavorano al mondo del libro italiano. Non basta la passione, ci vuole un contratto vero.” Il romanzo racconta anche la condizione di una generazione fluida di sradicati, di spaesati, gli ricordo che quando ha iniziato a scriverlo ha pensato a una frase letta in un biglietto scritto da Giacomo Leopardi: “Mai contento, mai nel mio centro”. “Vero”, ammette, “è una lettera che scrive a Pietro Giordani, la trovai nella Storia della Letteratura italiana di Enzo Siciliano, che la citava per dire che non era un poeta stanziale ma assolutamente cosmopolita”.
Desiati e la cartolina
Nato a Martinafranca, formatosi intorno al lavoro di “Nuovi Argomenti”, la rivista fondata da Moravia e Pasolini, ricorda che le prime lettere, le prime acerbe scritture furono corrispondenze spedite a quelli che chiama “amici di penna inglesi”, agli studenti di scuole medie anglosassoni o americane nell’intento di imparare la lingua. “Ma non ci rispondevano mai” ricorda divertito, “la mia generazione ha iniziato a scrivere le lettere, poi siamo diventati immigrati digitali, quelle spedite ai miei coetanei inglesi erano scritte a mano, ma forse perché erano scritte così male non ci rispondevano mai, venivamo fraintesi”, continua a raccontarmi di quei messaggi, di quelle “lettere a nessuno”. Invece la sua forma prediletta è la cartolina, “ne ho scritte molte, anche recentemente, sono legate ad eventi piacevoli, a una persona alla quale hai pensato”, le invia dalle città che visita, da Roma o dalla Puglia, i suoi due baricentri, conserva quelle degli altri, come quelle ricevute da suo nonno da un compagno che stava con lui nel lager di Sandbostel, “ricordava la loro storia di affetto e di prigionia”, Desiati dice che comunque anche nella cartolina “c’è lo spazio per esprimersi, si possono scrivere tanti messaggi, momenti della vita, ricordi”. Ha spedito anche cartoline d’amore, “nella brevità, con il fascino del lettore di poesie”, ai modi di Calvino, che ricorda per una frase illuminante sullo scrivere i propri sentimenti: “Far passare il mare in un imbuto”.
La corrispondenza di Desiati
Le lettere più belle sono state quelle dell’inizio, “un biglietto che mi scrisse negli anni ’90 Valerio Magrelli, un poeta che ammiravo molto, ero uno studente, sognavo di diventare uno scrittore, gli mandai una silloge delle mie prime poesie, rispose in modo gentile. Avevo vent’anni, fu decisiva, pensai che se le mie cose interessavano anche uno scrittore importante come lui potevo farcela”. Poi quelle del latinista Luca Canali, “erano lettere lunghissime, alcune le ho conservate, salvate dai traslochi, erano divertenti, a volte arrabbiate, piene di notizie sui libri che leggeva”. Gli chiedo se c’è una lettera che non ha mai scritto, spedito, o che avrebbe voluto ricevere. Resta per un po’ in silenzio, poi dice serio “una lettera da scrivere per riceverne un’altra da una persona alla quale ho voluto bene e che non c’è più, di cui non ho uno scritto”, confessa, “amici scrittori che non ci sono più di cui a volte vado a rileggermi le dediche nei loro libri, sono anche quelli messaggi intimi, fermi per sempre nel tempo”.