Charles Darwin è il naturalista inglese padre della teoria dell’evoluzione che ha scosso le fondamenta della fede in un Dio creatore di un mondo immutabile. Con la sua teoria evolutiva delle specie viventi, suo malgrado è divenuto per tante menti superficiali una bandiera del rapporto conflittuale tra fede e ragione. In realtà va considerato uno dei sommi maestri, a lungo incompreso, del giusto metodo nel rapporto tra scienza e fede. Lo documentano 32 Lettere, inedite in italiano fino al 2012, raccolte e pubblicate in un piccolo ma prezioso libretto da Einaudi con il titolo significativo Lettere sulla religione.
Capire i meccanismi della natura
Sfogliando questi testi, scelti dalla raccolta di una monumentale corrispondenza di Darwin con familiari, amici, estimatori, critici, ecclesiastici, naturalisti, letterati, sorgono moltissimi pensieri. Uno dominante: l’equilibrio di un uomo e di uno scienziato usato, invece, come una clava da crociati della scienza e crociati della fede per un secolo di polemiche vane e roventi. Ma a ben vedere la polemica malevola non è colpa di Darwin bensì di un modo infantile di credere in Dio creatore o di negarlo. Non si è mai capito bene quale Dio si criticasse o di cui si prendessero le difese. Quando si riteneva l’onnipotenza e non l’amore la caratteristica preminente in Dio, non si poteva capire un mondo pieno di sofferenza ingiusta e perché Dio non intervenisse. Coloro che non credono in alcun Dio ma, talvolta, anche molti cristiani –in segreto – ritengono Dio responsabile della sofferenza degli innocenti poiché non fa nulla per impedirla o sanarla. Sono trascorsi cento anni di lite tra filosofia e teologia, scienza e fede prima di comprendere che con la sua teoria sull’origine delle specie Darwin non aveva l’intento di questionare su Dio, ma di svelare i meccanismi della natura a cominciare dal principio.
“Meglio esercitare un sistematico dubbio”
Verificando la teoria dell’evoluzione lui ha svolto bene il suo compito di scienziato naturalista, senz’altra intenzione e ambizione. Convinto delle sue scoperte le difese in forma appassionata. Ma non fu altrettanto convinto sulla propria fede, anche a motivo di lutti e dolori personali. Nello stesso tempo, proprio dalle Lettere sulla religione lascia una grande lezione di metodo e di onestà. Non si può applicare alla questione di Dio e della fede in genere lo stesso metodo dell’indagine naturalista. E’ saggio restare cauti, senza confondere i piani e senza voler trarre conclusioni per la fede da verifiche scientifiche. Ecco come lo stesso Darwin si esprime in diversi passi della sua corrispondenza. “Anche nelle mie oscillazioni più estreme non sono mai stato ateo, nel senso di negare l’esistenza di un Dio. Penso che, in generale (e sempre di più via via che invecchio), anche se non sempre, la descrizione più corretta del mio stato mentale sia quello di agnostico”. E altrove: “La scienza non ha nulla a che fare con Cristo, se non nella misura in cui l’abitudine alla ricerca scientifica rende un uomo prudente nell’ammettere le evidenze. Personalmente non credo che vi sia stata alcuna Rivelazione. Per quanto riguarda una vita futura, ogni uomo deve giudicare per sé scegliendo fra probabilità vaghe e conflittuali”. In definitiva per Darwin tutto è possibile e dunque “meglio esercitare un sistematico dubbio”. Nel Vangelo di Marco c’è un’eco intrigante a questo atteggiamento: “Credo; aiuta la mia incredulità”. Con buona pace di chi, perfino in materia di scienza o di coscienza, ama la rissa.