Roma, 13 mar – Il salario minimo è stato istituito nella gran parte dei paesi dell’Unione Europea, con l’eccezione dell’Austria, della Danimarca, della Finlandia, della Svezia, di Cipro e dell’Italia; dal primo gennaio 2015, è stato introdotto anche in Germania. Gli importi mensili lordi, pubblicati da Eurostat due volte l’anno, al primo gennaio 2019 variano dai 286 euro della Bulgaria (pari a 1,62 euro orari) ai poco più di duemila del Lussemburgo (2.071, pari a 11,97 euro orari); questi importi riflettono anche ampie differenze strutturali tra paesi nelle retribuzioni medie, nella produttività del lavoro e nel potere di acquisto. A tracciare il quadro europeo è stato il direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, Roberto Monducci, in audizione al Senato.

Tra i paesi maggiori, Francia e Germania presentano un livello simile, di poco superiore ai 1.500 euro al mese (in termini orari rispettivamente pari a 10,03 e 9,19 euro), mentre in Spagna scende di circa un terzo a poco più di mille euro.

Negli Stati Uniti il salario minimo mensile è pari a circa 1.100 euro. Nei Paesi dell’Unione Europea in cui non vi è un salario minimo per legge, la sua adozione è di fatto sostituita dai minimi previsti nei contratti collettivi.

Sulla base delle ultime informazioni disponibili, nel 2017 per i paesi europei in cui è stato istituito il salario minimo, è possibile osservare il suo peso sui salari medi mensili. Il range è compreso tra il 51,7% della Slovenia e il 36,9% della Spagna. In Germania e Regno Unito questa proporzione è pari rispettivamente al 41,4 e 44,6%, mentre per la Francia si attesta nel 2015, ultimo anno disponibile, al 47,1%.