L’e-commerce è ormai una realtà consolidata. Con Alberto Mattiacci, presidente del Comitato Scientifico dell’Eurispes, abbiamo parlato dei nuovi comportamenti d’acquisto degli italiani e del ruolo di Poste Italiane nella digitalizzazione del Paese.
Quanto ha influito secondo lei la pandemia sul boom degli acquisti digitali?
“Tutti i dati prodotti dagli osservatori dei comportamenti di acquisto e consumo delle famiglie italiane convergono su un medesimo punto: la pandemia ha accelerato la diffusione della pratica degli acquisti condotti in ambiente digitale e ha aumentato la base di chi vi ha effettuato almeno una volta un acquisto. Questo, naturalmente, non significa che siamo di fronte a una disintermediazione generalizzata, ovvero a una sostituzione universale del punto vendita fisico con quello digitale ma solo che si sta diffondendo maggiormente una pratica di consumo che vede l’ambiente digitale al centro di almeno una fase del processo di acquisto. Nei beni di largo consumo confezionato, per esempio (quelli che troviamo al supermercato, per capirci), il valore negli acquisti online è stimato complessivamente sotto il 2% del totale, dato che comunque è raddoppiato rispetto a quello pre-Covid. I numeri ci dicono che la pandemia ha fatto usare per la prima volta l’e-commerce a poco più di un milione di persone”.
Come sono cambiate le abitudini di consumo degli italiani?
“Le abitudini di consumo degli italiani sono cambiate e stanno cambiando, perché sono cambiati e stanno cambiando gli italiani. In più occasioni, l’Eurispes ha segnalato come si sia aperta una fase nuova nelle abitudini di consumo degli italiani: viene definita “età del post-consumo” (in evidente assonanza con l’età post-industriale della nostra economia) ed è una fase che si caratterizza essenzialmente per la conquista di maggior potere di scambio da parte delle persone e l’acquisita consapevolezza che il proprio portafoglio sia la vera risorsa scarsa dei mercati. Questo “consumer empowerment” ha molte dimensioni rilevanti che convergono nel definire una discontinuità delle relazioni di mercato. L’e-commerce, in questa prospettiva, è una delle tecnologie abilitanti la crescita di potere di scambio delle persone nei confronti delle imprese. La sensazione è che, al di là dei facili slogan ad effetto spesso installati dai consulenti nei discorsi dei manager (tipo “il consumatore è Re”), i manager delle imprese fatichino a percepire ed accettare questa nuova realtà di fatto”.
Grazie al boom dell’e-commerce, Poste Italiane ha visto crescere la propria attività di recapito. Quanto può contare per le Istituzioni avere in Poste un alleato sia logistico sia dotato di infrastrutture digitali al servizio del Paese?
“La risposta è insita nella domanda: conta e conterà moltissimo; anzi, penso che il ruolo di Poste Italiane nella alfabetizzazione digitale dei comportamenti degli italiani sia ancor più critico e rilevante di quello di altre aziende. Questo, per la semplice ragione che gli uffici postali non solo coprono l’intero territorio nazionale ma perché le sue filiali locali rappresentano dei touchpoint ad alta intensità di relazione umana, proprio con quelle frange di popolazione più arretrate da ogni punto di vista – culturale, antropologico, finanziario – figuriamoci sul digitale. In sostanza, non mi limiterei ad apprezzare il possibile contributo di Poste Italiane da un punto di vista infrastrutturale ma vorrei porre l’accento sul grande contributo educativo che i dipendenti di Poste dislocati sul territorio potrebbero giocare a beneficio proprio di quella parte di popolazione dalla cui crescita culturale ed economica dipende buona parte della modernizzazione e rinascita del Paese. Spero che il top management e il Consiglio di Amministrazione di Poste Italiane colgano il senso profondo di questa sfida – che richiama in tutta evidenza ai principi della Sostenibilità e degli SDG delle Nazioni Unite – investendo le dovute risorse nella formazione di tutto il personale di Front Line affinché diventino veri e propri “missionari digitali” sul territorio”.