A Riccione la direttrice è ancora lei. Tutti la conoscono, tutti la salutano e, nonostante i 103 anni compiuti, a sua volta conosce e ricorda volti, dialoghi, esperienze e incontri: quelli con gli impiegati dai quali fino a qualche anno fa riceveva la pensione andando personalmente allo sportello, tanto quanto quelli con i dirigenti e gli ispettori che ha conosciuto in 41 anni di carriera postale. I volti di chi c’è ancora e i tanti di chi non c’è più. Poco importa che l’Ufficio Postale sia stato spostato di qualche metro, rispetto all’ubicazione storica all’angolo tra viale Ceccarini e viale Virgilio, nel cuore della cittadina romagnola, 30mila abitanti d’inverno, 300mila turisti tra luglio e agosto. Lina Lazzaro a Riccione è ancora la direttrice. Un’istituzione. Parlare con lei, nata a Vasto il 23 settembre 1918, significa ripercorrere un secolo di storia, dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla pandemia dei giorni nostri, che non ha comunque scalfito le sue energie e la sua voglia di fare: la passeggiata al mercato il venerdì mattina, la “sua” spiaggia di Riccione d’estate, le domeniche con figli e nipoti e il flusso dei ricordi, tanti, della Dolce Vita in versione romagnola. “Negli anni ‘60 eravamo letteralmente inondati di cartoline”, racconta – con al fianco il figlio Luigi – la signora Lina, citando a memoria i nomi dei suoi impiegati di allora.
Dinastia postale
“Il legame della mia famiglia con le Poste parte da lontano – riprende Lina ripescando in una buona memoria – mio babbo, Vincenzo Lazzaro, era direttore di un’agenzia postale a Vasto, in Abruzzo, poi lo è stato a Napoli e poi di nuovo a Vasto, dove cominciai anche io a lavorare. Nel ‘46, dopo la guerra, ci trasferimmo a Riccione e, da allora, non ce ne siamo più andati». In Romagna, Lina incontra presto l’amore, nascono due figli, Luigi e Lea, per tutti ancora oggi «i figli della direttrice”, e lei diventa presto la responsabile dell’Ufficio Postale di Riccione Centro. “Ci sono rimasta fino alla pensione e ho continuato a frequentare l’ufficio come cliente, perché avevo il libretto postale e andavo anche a ritirare la pensione. Ci andavo da sola o con le mie amiche. Da qualche anno non vado più, anche per colpa del Covid, ma gli impiegati giovani, che non erano neanche nati quando io lavoravo lì, mi conoscono e mi salutano con rispetto, come se fossi sempre la direttrice”, racconta orgogliosamente la signora Lina camminando su e giù per il corridoio. Ci tiene a ricordare il fratello Francesco, che è stato direttore a Lucera (Fg), Serbadone di Montefiore (Fc), prima di sostituirla a Riccione Centro, e scomparso da qualche anno, così come la sorella Clelia, impiegata per molti anni a Riccione e direttrice di alcuni uffici del circondario come Tavullia e Saludecio e andatasene a 105 anni e mezzo nel 2014.
Periodo d’oro
Riccione, negli anni ‘60, era una capitale del turismo. Non solo nazionale. La costruzione dell’autostrada Adriatica, il boom economico, le balere e le rotonde sul mare, i bagni sul lido, il mito e le atmosfere di Fellini (seppur originario della “rivale” Rimini) trasformano totalmente la vita di Lina e dei suoi impiegati: “In quegli anni avevamo una mole di lavoro eccezionale. D’estate eravamo inondati dalle cartoline e chiudevamo la stagione con la fiera internazionale del francobollo. Ricordo gli anni tra il ‘65 e il ‘70 come un periodo d’oro. Ma poi anche le lettere, tantissime, fino alla fine della mia carriera negli anni ‘80». Per la signora Lina Lazzaro, a 103 anni, oggi non è così semplice incontrare chi ha condiviso con lei un pezzetto di strada. Recentemente, è successo. E le ha fatto enormemente piacere: «A settembre mi sentivo bene e i miei figli mi hanno accompagnato sulla spiaggia – racconta – Si è avvicinato un uomo, Gerardo, che mi ha riconosciuto: ‘Buongiorno direttrice!’. Ci siamo messi a ricordare i vecchi tempi, abbiamo parlato delle cartoline, delle mostre del francobollo, delle estati a Riccione in ufficio e di come sono andate le nostre vite dopo quegli anni. Lui era uno di quelli che venivano a darci una mano dal Sud. È stata una bellissima sorpresa”.
“Conosceva tutte le lingue”
Già, Gerardo Faregna arrivava dal Sud, nelle affollate stagioni turistiche romagnole. Un periodo indimenticabile anche per lui, che oggi ha 90 anni, vive a Milano e che quando può d’estate torna a Riccione proprio per i ricordi che lo legano a quel pezzetto di strada percorso con la direttrice Lina, “certificati” dall’attestato di ringraziamento come “amante di Riccione” ricevuto dal Comune. “Nella seconda metà degli anni ‘60 in tantissimi andavamo sulla Riviera Adriatica per aiutare a smistare la posta. La direttrice era bravissima, conosceva tutte le lingue, era severa. Quando ci siamo rivisti l’estate scorsa, dopo tanto tempo, le ho raccontato che anche io ero stato dirigente nel prosieguo della mia carriera. Lei ha sorriso e mi ha detto: ‘Alla fine ce l’hai fatta a diventare colonnello’, perché all’epoca si usava dire così; si entrava come ufficiali e poi si saliva di grado”.
La valigia di cartone
Gerardo a Riccione ci arrivò da soldato semplice. Ci sono due aneddoti, legati alla personalità di Lina Lazzaro, che non può proprio dimenticare. Uno riguarda il loro primo incontro: «Io arrivavo da Barile, un piccolissimo paese della provincia di Potenza. Scesi dal treno alla stazione di Riccione con la valigia di cartone. Sembra un modo di dire, ma effettivamente era così – ricorda Gerardo – Non sapevo né dove dormire né dove mangiare e lavarmi. Ero totalmente spaesato. Arrivai in viale Ceccarini e chiesi del direttore, allo sportello. Rimasi sbalordito quando vidi la signora Lina, che mi disse: “Non si preoccupi, c’è una nostra dipendente che ha una pensione. Penserà a tutto lei”. Questa signorina, che era un’impiegata dell’Ufficio Postale, mi caricò sulla sua bicicletta e mi portò alla pensione». Una cosa impensabile, all’epoca, per un ragazzo arrivato dal Sud, letteralmente, con la valigia di cartone. Gerardo, che nel frattempo si iscrive a Economia a Commercio all’Università di Bari, lavora a Riccione per più estati. «Un giorno di settembre – racconta ancora – arrivò da Barile all’Ufficio Postale una lettera per il “dottor Faregna”. Quando la direttrice vide la scritta “dottore” mi spostò subito di reparto: mi tolse dallo smistamento, dove “raddrizzavo” le cartoline, controllando che avessero il francobollo in alto a destra, e mi mise all’accettazione dei vaglia internazionali, dove dovevo fare i conti con le diverse valute. Per me fu incredibile e, probabilmente, l’inizio della mia fortuna».