Non si ferma il successo internazionale di “È stata la mano di Dio”, l’ultima opera del regista partenopeo Paolo Sorrentino. Alla lunga schiera di estimatori del film si è aggiunto recentemente anche Robert De Niro. In una appassionata lettera affidata al sito Deadline, De Niro ha spiegato cosa lo ha colpito del film autobiografico di Sorrentino.
Napoli mi ricorda la New York degli italoamericani
De Niro sottolinea subito l’importanza della location scelta da Paolo Sorrentino. “Il co-protagonista più importante di Fabietto, il protagonista della pellicola e alter ego del regista, non è un membro del meraviglioso cast bensì la città stessa. L’amore di Sorrentino per Napoli si condivide da subito nelle prime inquadrature bellissime di un avvicinamento aereo alla città dal Golfo. Amore che si vede nel suo affetto per la varietà dei personaggi della storia: eccentrici, esilaranti, fuori dal comune, appassionati (e per appassionati intendo rumorosi), pieni di gioia e speranza. Sono stato a Napoli – continua – solo poche volte, ma per me questo film è decisamente napoletano nel modo in cui molti dei film di Martin Scorsese (Wolf of Wall Street, Al di là della vita, Mean Streets, Taxi Driver, ecc.) come molti altri film di Woody Allen (Annie Hall, Broadway Danny Rose, Manhattan, ecc.) sembrano essenzialmente newyorkesi. Napoli per molti versi mi ricorda la New York italo-americana che amo”.
“È stata la mano di Dio”, un film tragico e comico
“Nonostante la tragedia sia il centro del film, ‘È stata la mano di Dio’ strabocca di divertimento”. Per De Niro alcune scene sono totalmente esilaranti, nonostante il tema centrale del film sia “Fabietto che viene strappato dalla sua precaria giovinezza e trascinato in una prematura, e sgradita, età adulta”. Per l’attore “scene come il pranzo all’aperto della famiglia allargata e la successiva gita in barca sono estremamente affascinanti e divertenti”. C’è poi Armà “il contrabbandiere di sigarette/teppista da quattro soldi/tifoso violento/amico stretto e infine carcerato; stravagante, sì, ma completamente credibile per me, viste le mie esperienze a New York da bambino”.
La figura di Capuano
Ad aver colpito il premio Oscar americano è poi la figura di Antonio Capuano, il famoso regista napolitano, mentore del giovane Sorrentino. “In una splendida scena alla fine di ‘È stata la mano di Dio’, Fabietto supplica Capuano di prenderlo sotto la sua ala. Capuano, alternativamente, lo interroga e lo rimprovera, le loro voci salgono, quasi musicalmente. Sembra una scena di una grande opera”. Durante la discussione, Capuano, in maniera colorita, dice al protagonista di non andare a vivere nella capitale, ma “Fabietto decide comunque di partire per Roma. Alla fine del film è in viaggio. Adesso, 35 anni dopo, Sorrentino è tornato a Napoli”. A conclusione della sua lettera, l’attore ha affidato i suoi ringraziamenti e i suoi saluti per Sorrentino alla lingua italiana: “Va bene. Mille grazie, Paolo!”.